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VIBO VALENTIA – Si rifiuta di deporre al processo come teste chiave dell’accusa per protestare contro le condizioni del servizio di protezione del testimoni di giustizia e le misure di sicurezza adottate nei suoi confronti e così l’udienza viene rinviata e le accuse nei confronti degli imputati rischiano di cadere. E’ accaduto a Vibo Valentia nel processo a carico di un poliziotto della Questura di Vibo, arrestato nel 2013 per concussione e corruzione, e contro altri cinque imputati ritenuti vicini al clan Lo Bianco-Barba di Vibo ed accusati di vari reati nell’ambito dell’illecita concorrenza fra istituti di vigilanza privata aggravati dalle modalità mafiosa.

Protagonista della protesta Pietro Di Costa, già titolare di un istituto di vigilanza a Tropea, che in aula ha affermato «di non essere in grado oggi di rispondere alle domande, lo farò nelle prossime udienze», dei legali di fiducia degli imputati nonostante le insistenze del pm distrettuale Camillo Falvo.

Quest’ultimo dovrà adesso valutare se vi siano altri elementi probatori da portare in aula nei confronti degli imputati. I difensori, intanto, alla luce delle scelte di Di Costa, hanno chiesto l’assoluzione per i propri assistiti accusati principalmente dal testimone di giustizia. Il Tribunale, accogliendo la richiesta del pm, ha disposto la trasmissione del verbale d’udienza alla Dda di Catanzaro per valutare se procedere contro lo stesso testimone di giustizia. Gli stessi giudici, dovrebbero emettere la sentenza nella prossima udienza. 

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