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POTENZA – «Non è questione di razzismo – spiegano – è che la soluzione scelta potrebbe essere un danno per noi che nella zona ci abitiamo e per loro che vengono ospitati». Sono preoccupati i residenti della stazione inferiore di Potenza, dove dal 25 settembre vivono un’ottantina di rifugiati. L’ex Ferrotel, dismesso dal 2007, è infatti adesso gestito dalla cooperativa Global service di Potenza, che si occupa della loro accoglienza su mandato della Prefettura. «Queste persone – dicono – non per colpa loro, ma bivaccano per strada, non fanno nulla. Non è così che si fa integrazione. Diverso è il discorso per i profughi che vivono negli alloggi come a Rione Lucania, integrandosi realmente nel tessuto sociale. Qui, invece, sono ghettizzati». E il bivacco e la ghettizzazione, per i residenti, potrebbero procurare dei problemi a lungo andare. «A oggi – affermano – non possiamo dire che sia successo qualcosa, però è anche vero che dei disagi ci sono». Prima di tutto l’arrivo continuo in gruppi – dicono – in pullman e spesso di notte. «In una zona già congestionata dal traffico come quella della stazione, tra autobus urbani ed extraurbani, automobili fuori posto, le poste, è davvero il caos». La scarsa illuminazione della zona, poi, insieme ad altri “giri” poco raccomandabili – raccontano – creano già di per sé preoccupazione dal punto di vista della sicurezza. Tutte considerazioni che spingono a ritenere la struttura quindi poco idonea a quel tipo di utilità, immaginando per l’ex Ferrotel soluzioni più consone alla sua destinazione d’uso: un albergo per viaggiatori, lavoratori, gente di passaggio. Ecco perché ritengono fosse stato giusto essere interpellati prima di prendere una tale decisione, di cui sono venuti a conoscenza solo a cose fatte. E ribadiscono: «Non è questione di razzismo, siamo stati noi i primi a portare indumenti e pasti pronti, ma se il numero degli ospiti è destinato a crescere, non neghiamo che siamo abbastanza preoccupati». Proprio qualche giorno fa la stampa, su invito del consigliere comunale Giuseppe Giuzio, animato dagli stessi dubbi dei residenti, è stata in visita alla struttura, non riscontrando nessuna criticità. Lo stesso Giuzio ha affermato: «Dal sopralluogo e dalle parole dei soci della cooperativa, oltre che dalle informazioni ricevute dalla Questura, sembra che non ci sia alcun tipo di problema. Anzi. Questi giovani che gestiscono la struttura vanno ben oltre gli impegni a cui dovrebbero assolvere. Hanno a disposizione un medico che effettua visite tre volte a settimana ed è sempre reperibile, dalla prossima settimana cominceranno i corsi di italiano, inglese e francese». I gestori, inoltre, nell’occasione hanno mostrato il kit personale con dentifricio, spazzolino, bagnoschiuma e secchio con straccio che, insieme a indicazioni ben precise, viene consegnato a ogni nuovo arrivato, generalmente proveniente da altri centri di accoglienza, compreso quello lucano di Chiaromonte. Il pranzo viene preparato dalla mensa di fronte alla struttura, in quanto all’interno non si può cucinare e somministrare pasti, almeno per il momento. L’idea della cooperativa, infatti, è quella di favorire momenti di integrazione con pranzi interculturali, alternando la cucina africana a quella lucana. Oltre ad avvalersi della professionalità di un medico e di un legale, la cooperativa ha a disposizione anche tre mediatori culturali, due africani e una ragazza di Potenza.

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