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LA vorticosa girandola d’interventi suscitata dalla proposta di legge presentata da Aurelio Pace ha messo in luce quanto il tema trattato tocchi profondamente ciascuno di noi. Entro immediatamente nel cuore del dibattito per porre senza giri di parole una domanda a tutti. Cos’ha fatto gridare allo scandalo? Non è piaciuto il contenuto della proposta o non è piaciuto che qualcuno si sia permesso di provare a dare attuazione a quella parte della legge 194/1978 che prevede espressamente interventi mirati “a far superare le cause” che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza?

Per onestà intellettuale dobbiamo infatti dirci che la 194 non è solo la legge sull’aborto come si è voluto strumentalmente far passare in questi giorni, ma è anche la legge che prevede la tutela sociale della maternità.

Chiarito questo punto e ritenendo pacifico che la proposta di legge sia stata presentata nell’alveo dei confini dettati dalla legge 194, pongo nuovamente la domanda. Cos’ha fatto gridare allo scandalo?

Mi è parso di capire, ahimè, che per la gran parte delle donne intervenute non sia accettabile che qualcuno possa dire o fare qualcosa che metta in luce come, oltre al diritto di autodeterminazione della donna, vi sia altro. Chi lo fa rischia il linciaggio mediatico ed è tacciato di ignoranza e arretratezza. Beh, correrò anch’io questo rischio perchè non mi sembra né affascinante né ragionevole, la posizione di chi afferma la prevalenza assoluta del diritto di autodeterminazione su ogni altro aspetto della realtà. Non credo che questo sia indice di modernità, tutt’altro. Siamo tutte d’accordo, mi pare, sulle drammatiche conseguenze dell’interruzione di gravidanza e su quanto questa scelta pesi nella vita di una donna, incidendo nei rapporti familiari e sociali. Allora credo che rispetto al diritto di autodeterminazione vi sia almeno un altro diritto da tenere a mente: quello di non abortire scegliendo la vita.

Sono profondamente convinta della necessità che ogni donna debba essere messa nella condizione di poter liberamente scegliere di portare avanti la gravidanza. Sono certa che si possa scommettere sul coraggio di una madre, dopo averla liberata dalle necessità che la spingono in senso contrario e dopo aver vinto la sua solitudine.

Spesso la donna è sola di fronte alle domande che nascono insieme alla nuova vita. Il nostro dramma è la solitudine, poiché è difficile incontrare qualcuno disposto a concederci un minuto di vera compagnia umana di fronte alle difficili circostanze che dobbiamo affrontare. In nome del “diritto della donna di decidere” la si abbandona a una tragica solitudine. Questa solitudine è un muro, una menzogna che deve essere smantellata.

Care amiche, vi chiedo allora di prendere una posizione chiara, senza ambiguità: o siamo per la vita e quindi decidiamo di lavorare ad una proposta di legge che vada in tal senso, con la consapevolezza che la libertà di ognuna può essere aiutata e sollecitata in un rapporto di condivisione vero; oppure decidiamo che il diritto di autodeterminazione sia l’unico da tutelare. Io non mi nascondo e scelgo la prima strada. Scelgo la tutela incondizionata della vita umana.

Scelgo la prima strada perché sono certa che ciascuno di noi oggi può affermare di essere grato alla propria madre di aver deciso di accettare il dono della vita. E questo non perché non ci siano i quotidiani problemi economici, lavorativi, familiari da affrontare ma perché in fondo capiamo che la vita è una grande occasione e che porta con sé un’eterna ed irrinunciabile promessa di felicità.

Sono l’unica donna che in questa tornata elettorale ha “rischiato” di entrare in un Consiglio Regionale tutto al maschile e vi assicuro che, con contenuti parzialmente differenti, avrei portato avanti una feroce lotta per l’approvazione di una legge a sostegno della maternità, nell’autentica convinzione che una società sia più interessante, più feconda, più gioiosa se prima di tutto si prende cura della vita, facendosene carico con tutti gli strumenti a disposizione. Da fuori, mi metto a disposizione di chiunque voglia condividere progetti e iniziative per favorire la libertà di non abortire e per elaborare una proposta di legge regionale, più esaustiva rispetto a quella già presentata, che preveda interventi mirati, concreti e di più ampio respiro.

Infine vorrei esprimere un certo rammarico per quei politici che si sono affrettati a ritirare le firme dalla proposta di legge (che si badi, ritengo non particolarmente brillante), quando hanno intercettato il malumore di alcuni.

Proclami ideologici o strumentali non interessano nè a me nè, sono certa, alla gran parte della comunità.

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