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REGGIO CALABRIA – «Amedeo Matacena godeva e gode tuttora di una rete di complicità ad alti livelli grazie alla quale è riuscito a sottrarsi all’arresto», ha detto il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho. Ed è scaturito dalle indagini sui fondi neri della Lega Nord, di cui è figura chiave il faccendiere Bruno Mafrici, l’arresto di Claudio Scajola, eseguito stamane dagli uomini della Dia reggina (LEGGI). Ascoltando una telefonata di Mafrici, infatti, gli investigatori della Dia, hanno registrato anche la voce di Amedeo Matacena, che si rivolgeva al faccendiere per chiedere i soldi che gli erano necessari per mantenersi, dopo il sequestro dei suoi capitali conseguente alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Anche la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, secondo quanto sarebbe emerso, si adoperava per ottenere l’aiuto dell’ex ministro e collega di partito di Matacena, ai fini del trasferimento del marito in Libano. 

Amedeo Matacena, l’ex deputato di Forza Italia si trova libero a Dubai (LEGGI) dopo la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa comminatagli dal Tribunale di Reggio Calabria. Ma da lì di salvaguardare il suo patrimonio, sottoposto a sequestro, facendolo confluire in società fittizie, a cui capo c’erano suoi factotum. Si tratta dei destinatari di alcune delle otto ordinanze di arresto emesse dalla Dda di Reggio Calabria ed eseguite stamani dalla Dia. Gli uomini della Direzione investigativa antimafia reggina hanno finora individuato e sequestrato beni per 50 milioni di euro ma si tratterebbe solo di una parte dei capitali sulle cui tracce si stanno muovendo gli inquirenti che stanno cercando altre disponibilità di Matacena su conti esteri. Perquisizioni sono in corso anche a Messina e alle isole Eolie.

Matacena è erede del patrimonio del padre Amedeo Matacena senior, fondatore di una società che gestisce i traghetti nello Stretto di Messina. Nella vicenda avrebbero avuto un ruolo anche la suocera di Matacena jr, Raffaella De Carolis.

Dalle indagini sarebbe emerso il profilo di un’altra persona che avrebbe lavorato al trasferimento di Matacena nel paese dei cedri. Si tratterebbe dello stesso personaggio che avrebbe avuto contatti con Marcello Dell’Utri ai fini di una sua fuga nel paese mediorientale.

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