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MALA sanità? Forse l’espressione potrebbe risultare forte ma quando non si riscontra quella «cura della persona» tanto pubblicizzata, per di più subendo un’operazione all’occhio dopo una visita che rimanda a casa il paziente con un «non ha niente, è tutto a posto», certamente non si può parlare, al contrario, di buona sanità.
L’episodio in questione è accaduto a un uomo di Potenza, D. L., che lunedì 6 ottobre si reca al reparto oculistica dell’ospedale San Carlo per una visita prescritta dal proprio medico a causa di «preoccupanti cali della vista». Era già da un po’ che l’uomo aveva difficoltà a guidare la sera e a lavorare davanti al computer.
Su prescrizione del medico di famiglia, che definisce la visita di priorità B e quindi abbastanza urgente, riesce ad ottenere subito un appuntamento tramite il Cup. Senonché, arrivato in ospedale, l’oculista di turno non solo si rivolge in malo modo al paziente – come racconta lo stesso – ritenendo a priori che il suo non possa essere un caso di “priorità B” perché non ha nessuna delle malattie presenti nella categoria.
Ma dopo una breve visita «durata – dice l’uomo – non più di 10 minuti, tra gocce per dilatare la pupilla, misurazione della pressione ad opera di un altro operatore sanitario, prova delle lenti e lettura delle lettere, mi manda a casa senza un referto, dicendomi che non ho niente, devo solo cambiare la gradazione delle lenti senza specificare di quanto e bere di più perché ho il cristallino un po’ denso».
L’uomo lascerà quindi l’ospedale con in mano sola la prescrizione di un integratore alimentare. Man mano che i giorni passano la vista peggiora notevolmente.
Dopo 48 ore si reca dall’ottico che nota qualcosa di più serio, consigliandoli di rifare il visus del fondo ottico (particolare misurazione) come prescritto inizialmente dal medico curante. Preoccupato, D. L. si reca al pronto soccorso del San Carlo che ne ordina il ricovero. Il mattino seguente il nuovo verdetto: distacco della retina e cristallino danneggiato da sostituire, con inizio di cataratta. Insomma, deve operarsi. Non al San Carlo, però, che non ha la giusta attrezzatura per questo tipo di interventi ma a Venosa. Siamo al venerdì.
D. L. verrà però dimesso il lunedì perchè il sabato e la domenica non si effettuano ricoveri. Quella stessa mattina, dimesso, si reca a Venosa per l’operazione. Per di più d’urgenza.
Oggi D. L. sta bene ma potrebbe non riacquistare al cento per cento la vista. A gennaio dovrà subire un nuovo intervento. «Evidentemente – conclude – si trattava di un caso di priorità B, dal momento che i medici di Venosa si sono anche meravigliati di come non se ne fossero accorti prima. Non è concepibile andare in ospedale per problemi alla vista e uscire con una diagnosi che tutto è a posto e contemporaneamente avere il distacco della retina e il cristallino danneggiato».
E se D. L. non fosse arrivato in tempo a Venosa per l’intervento dal momento che l’ambulatorio chiude alle 14?
E se nessuno l’avesse potuto accompagnare da Potenza? Piccoli interrogativi che però rendono il quadro ancora più desolante dal punto di vista di un paziente.
«Tra l’altro – conclude – vorrei aggiungere che quel giorno per la visita al San Carlo al reparto oculistica c’eravamo solo io e un altro anziano prima di me. Quindi anche queste lunghe liste d’attesa non capisco sinceramente a cosa siano dovute».

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