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21 minuti per la lettura

 

di PAOLO ALBANO
“Una montagna di anni fa c’era”. “Una montagna di anni? Ma quanti sono gli anni di una montagna, nonno?” 
Sorrido con tutta la pazienza comprata negli anni e che, finalmente posso regalare a mia nipote Marilena. “Gli anni  di una montagna sono tantissimi, non si possono contare. C’erano    montagne ai tempi di mio padre e c’erano ai tempi di  mio nonno”.
“C’erano sempre?” “Da tanti e tanti anni, quasi da sempre. Una montagna di anni fa  vuol dire la stessa cosa . Vuol dire che tantissimi anni fa. Tantissimi che non si possono contare, c’era un barbone”. 
“Un barbone?”   ”Si un barbone, un uomo con la barba, i capelli biondi  e lunghi, con un mantello  vecchissimo, con tanti pezzi di stoffa colorata cuciti sopra i buchi” 
“Un mantello, I buchi??” “In quel tempo non c’erano i cappotti, c’erano dei grandi pezzi di stoffa che si mettevano sulle spalle, arrivavano fin sotto le ginocchia e si arrotolavano sulle spalle. Servivano per coprirsi dal freddo. Quel  povero mantello si strappava sempre, era vecchio. Per esempio quando faceva freddo Davide, si chiamava Davide questo barbone, andava spesso  a dormire in una casa vuota   dove c’è ora la stazione, qua, sotto casa tua,  lui si girava e rigirava dentro il mantello e il mantello  si consumava.  D’estate andava a dormire  sotto gli alberi  di Montereale, qualche volta pure a S. Antonio La Macchia, dentro un cartone – la notte qui fa  sempre un pò freddo – e a furia di srlotorarsi, il mantello ogni tanto si strappava. Fuori dalle trattorie, vicino alle botteghe, mentre aspettava qualcuno che gli desse da mangiare, Davide si accoccolava con un libro in mano”
“Nonno  ma Davide sapeva leggere?”
 “Certo che sapeva leggere e quante storie raccontava ai bambini. Loro gli andavano vicino senza paura perché era buono. Non avere mai paura dei barboni. Devi  solo stare attenta si, attenta, perché qualche volta i barboni  bevono un po’ troppo  vino, cominciano a non reggersi in piedi, a dire parole stupide e  può essere pericoloso. I barboni sono buoni. Un bel giorno hanno perso tutte le cose che avevano e hanno cominciato a vivere per strada”
“Perso tuttooo?” con la bocca aperta mentre guarda le sue cose “Ma proprio tutto?”
“Certo proprio tutto. Marilena, sai è inutile avere tanti giocattoli e tanti vestiti. Ci sono  bambini che hanno appena un giubbotto e forse una bambola. Quando farai grande, ricorda,  c’è una sola cosa importante:  studiare e leggere molto perché senza lo studio e la lettura è difficile lavorare. Mamma e papà che fanno la mattina? 
“Mi accompagnano all’asilo  e  vanno a lavorare”. “Chi viene a prenderti?”
“ Le nonne, zia Anto, zio Peppe, zia Emy”
“Proprio così. Studia, leggi e lavorerai”. 
“Comincia daccapo, raccontami la storia di Davide”.
“ Davide, aveva  occhi azzurri che sembravano una calamita. Sai cos’è una calamita?” mentre lei mi guarda che sembra aspetti parole di cioccolato. “La calamita è magica. Quando si avvicina a una cosa di ferro si attacca. Hai visto quei pupazzetti che tu hai appiccicato al frigorifero? Vanne a prendere uno. Dai corri”.
Lei corre, mai così ubbidiente, ritorna con un elefantino che le ho portato dopo una spesa al supermercato. “Ecco questa è una calamita. Se non ci fosse la calamita, l’elefantino cadrebbe e, invece, tu non fai a tempo ad appoggiarla che subito si attacca. Allora  come una calamita  si appiccica al frigorifero, così i bambini si avvicinavano a Davide. I suoi occhi erano buoni. Buoni, buoni, si mettevano a sentire le sue storie. Lui apriva il suo libro  e cominciava a leggere. Quando finiva diceva   “Ora  andate dalle vostre mamme, la prossima volta, un’altra storia”  
“Ma dove stava?” “Ah lui andava dappertutto, a Piazza Prefettura, a Piazza Sedile, e poi  nel campetto di S. Rocco, poi a Santa Maria, e poi a Chianchetta. Un giorno lì, un giorno lì e un giorno lì perchè lui voleva raccontare le sue storie a tutti i bambini di Potenza. Dove vai?”. Lei è corsa dalla mamma per dirle in un orecchio qualcosa ed è tornata. Con la faccia impertinente “Continua”  e  mi ha fatto gli occhi spalancati “Ma non aveva la macchina?Come faceva?” 
“Ma quale macchina. A quei tempi c’erano pochissime macchine. Davide camminava a piedi.  Ora ce ne sono troppe e non si respira. Lo senti il fastidio alla gola quando passano tante macchine?” 
“Nonno comincia daccapo”. Lei vuole fermare ogni cosa, la vuole essere ripetuta come fa con le favole che vuole essere lette sempre più volte.
“Dunque  Davide  si sedeva sui gradini o sopra un muretto e quando si alzava per muoversi da un punto all’altro della città, il mantello si era sporcato. Dopo un po’ a furia di strusciare, si strappava. Ma lui, lo sai che faceva? Quando passava davanti ad una bottega dove si vendevano  stoffe se ne faceva dare un pezzo  e se la cuciva. E così il mantello era diventato  di tutti i colori, era vecchio eppure era bellissimo. Davide  aveva anche una sciarpa lunghissima e un fazzoletto colorato al collo”.
“Era vecchio” “No, non era vecchio. Da lontano sembrava vecchio perché aveva la barba, ma non era vecchio. Era giovane, molto giovane.  
Davide arrivò a Potenza una montagna di anni fa il giorno dopo Natale. Cominciò a girare per le strade mentre c’era ancora la festa , nelle Chiese si cantava “Tu scendi dalle stelle” e nei Presepi fra la Madonna e San Giuseppe, il bue e l’asinello, le pecore e i pastori che suonano la zampogna, in un cesto con la paglia, ecco finalmente Gesù Bambino. 
Hanno suonato. Chi sarà?” Marta va a vedere. Fuori la porta ci sono gli zampognari, gli amici del palazzo escono dalle case, Marilena si nasconde impaurita per quel suono così forte, poi si incoraggia, si avvicina ascoltando un canto di Natale. Finito se ne vanno per un altro palazzo. 
“Hai visto, quelli sono gli zampognari. Quando è nato Gesù sono andati davanti alla sua capanna e hanno suonato proprio queste canzoni”
“Nonno continua” 
“Quando Davide passava o quando era fermo sotto un lampione a riposarsi, tutti si giravano a guardarlo. C’era tanto freddo. Dopo un po’  qualcuno cominciò a dirgli “Ma che vuoi? Vattene”. Marilena sente e intorbida gli occhi. “Ma poi lo hanno battuto?” 
“No,  mai. Ma devi sapere che molte volte le parole e gli sguardi cattivi sono peggio di una sculacciata. Molte persone, poi, lo incontravano? E facevano finta di niente,passavano come se lui non ci fosse. Ecco, quando uno fa finta di non vedere è meglio avere  un rimprovero da mamma. Hai capito quello che ti ho detto?”
Lei fa si, sta zitta, ha la testa poggiata sul divano e sente senza distrarsi . “Continua”
“C’erano, però, molte persone che gli volevano bene, c’era chi si fermava ad ascoltarlo e,poi,  gli  lasciava una moneta, chi gli portava una busta con qualcosa da mangiare, qualcuno gli regalava una maglia. E sai Davide che faceva? Mangiava quello che gli serviva e dava soldi, cibo, vestiti  ai poveri. Una maglia, una camicia, una sciarpa, lui le ha sempre regalate a quelli che non avevano niente da mettersi addosso. Un giorno trovò un ragazzo per terra che bruciava per la febbre e lo  coprì con il suo cappotto. Corse a chiamare il medico che lo prese e lo portò all’ospedale.  Quando guarì, Piero,così si chiamava, lo cercò e, da quel momento, gli stette accanto. Così fecero altri giovani che non si stancavano di sentire le sue parole.  
Arrivò la primavera. Davide lasciò il suo mantello pieno di colori nella Chiesetta di San Rocco”
“Dove sono venuta anche io?” 
“Si ma una montagna di anni fa quella era una Chiesetta fra alberi bellissimi in mezzo alla campagna con una specie di strada dove passavano i contadini e i pastori con i loro animali”.
“Continua”
Davide girava per la città con un paio di pantaloni di velluto, una maglia  e il solito fazzoletto colorato attorno al collo. Un giorno a Montereale alcuni bambini  lo videro sbriciolare un pezzo di pane“. 
“Nonno, che significa sbriciolare?” “Davide fece a pezzettini piccoli, piccoli la mollica e la crosta del pane, se li mise nelle mani, le alzò verso il cielo mentre I bambini stavano con la bocca aperta. Non  avevano mai visto tanti uccelli che affollavano le mani. E come cinguettavano, sembrava che cantassero. Che spettacolo”
“ Belloooo, mi porti a Montereale?”. “Certo, ci andiamo appena viene il caldo, da lì si vede tutta Potenza, anche casa tua”
“Dai, Continua” 
Si stava avvicinando Pasqua, la Domenica prima, Davide passò per Via Pretoria con tanti giovani che gli andavano dietro. Tutti lo salutavano e gli facevano festa. Gli volevano bene e amavano le sue storie. Tutti tranne un gruppetto di politicanti che non lo sopportavano”
“Chi sono i politicanti, che significa sopportare? “. “ I politicanti, come te lo faccio a spiegare, sono quelle persone  che decidono tutte le cose brutte che si fanno in una città: costruire palazzi,  tagliare gli alberi, scavare dentro la terra. Esistono i politicanti quando quelli che comandano non vogliono  bene alla città. Ma non è facile spiegartelo. Quando sarai più grande te lo spiegherò sperando che siano scomparsi. 
“Non lo sopportavano significa che quelli non lo potevano vedere. Davide gli stava antipatico”
“Perché?” 
“Perché lui diceva sempre la verità e Davide soffriva molto per quelli che non gli volevano bene. All’improvviso lui non si fece vedere più e per tre giorni scomparve”. 
“E poi? Continua” 
“La notte del sabato prima della Domenica di Pasqua si presentò davanti alla Chiesetta di San Rocco”
 “Davide fu festeggiato da tutti quelli che uscivano dalla Messa. Chi lo invitava a destra e chi lo invitava a sinistra. Tutti volevano portarselo a casa per farlo mangiare ma lui, finita la festa, se ne andò,
E così passò l’estate, venne l’autunno con i primi freddi. Arrivò dicembre. Un freddo. E la neve, Quanta neve. Tutti stavano nelle loro case preparando il Natale. Prima di tutto si faceva il Presepe. In quei tempi esisteva solo il Presepe e qualcuno lo faceva grandissimo  con le montagne, le grotte, il fiume che scorreva e ogni giorno si aggiungeva una statuina: i pastori, le pecore, la donna che portava la legna, il venditore di pesci, il fornaio. Tutto il mese di dicembre era così. 
Poco prima di Natale Davide raccolse in un fagotto tutte le sue cose. Girò per le strade per salutare tutti. Doveva andare in un’altra città. Questa era la sua vita”
“Davide se ne è andatoooo?” 
“Si, stava per partire” Diceva “Ho da leggere le storie di questo libro ad altri bambini, voi le conoscete già. Mica le avete scordate?” 
“Erano tutti dispiaciuti e volevano che lui rimanesse ma la  sera di Natale Davide partì. La notte quando misero Gesù Bambino nella grotta,  a San Rocco c’era nella mangiatoia un piccolo mantello tutto fatto di pezzi di stoffa colorata. 
“Nonno, comincia daccapo. Raccontami la storia di Davide”

“Una montagna di anni fa c’era”. 

 

“Una montagna di anni? Ma quanti sono gli anni di una montagna, nonno?” 

Sorrido con tutta la pazienza comprata negli anni e che, finalmente posso regalare a mia nipote Marilena. “Gli anni  di una montagna sono tantissimi, non si possono contare. C’erano montagne ai tempi di mio padre e c’erano ai tempi di  mio nonno”.

“C’erano sempre?” 

“Da tanti e tanti anni, quasi da sempre. Una montagna di anni fa  vuol dire la stessa cosa . Vuol dire che tantissimi anni fa. Tantissimi che non si possono contare, c’era un barbone”.

 “Un barbone?”   

”Si un barbone, un uomo con la barba, i capelli biondi  e lunghi, con un mantello  vecchissimo, con tanti pezzi di stoffa colorata cuciti sopra i buchi” 

“Un mantello, i buchi??”

 “In quel tempo non c’erano i cappotti, c’erano dei grandi pezzi di stoffa che si mettevano sulle spalle, arrivavano fin sotto le ginocchia e si arrotolavano sulle spalle. Servivano per coprirsi dal freddo. Quel  povero mantello si strappava sempre, era vecchio. Per esempio quando faceva freddo Davide, si chiamava Davide questo barbone, andava spesso  a dormire in una casa vuota   dove c’è ora la stazione, qua, sotto casa tua,  lui si girava e rigirava dentro il mantello e il mantello  si consumava.  D’estate andava a dormire  sotto gli alberi  di Montereale, qualche volta pure a Sant’ Antonio La Macchia, dentro un cartone – la notte qui fa  sempre un pò freddo – e a furia di srotolarsi, il mantello ogni tanto si strappava. Fuori dalle trattorie, vicino alle botteghe, mentre aspettava qualcuno che gli desse da mangiare, Davide si accoccolava con un libro in mano”

“Nonno  ma Davide sapeva leggere?”

 “Certo che sapeva leggere e quante storie raccontava ai bambini. Loro gli andavano vicino senza paura perché era buono. Non avere mai paura dei barboni. Devi  solo stare attenta si, attenta, perché qualche volta i barboni  bevono un po’ troppo  vino, cominciano a non reggersi in piedi, a dire parole stupide e  può essere pericoloso. I barboni sono buoni. Un bel giorno hanno perso tutte le cose che avevano e hanno cominciato a vivere per strada”

“Perso tuttooo?” con la bocca aperta mentre guarda le sue cose”

 “Ma proprio tutto?”

“Certo proprio tutto. Marilena, sai è inutile avere tanti giocattoli e tanti vestiti. Ci sono  bambini che hanno appena un giubbotto e forse una bambola. Quando farai grande, ricorda,  c’è una sola cosa importante:  studiare e leggere molto perché senza lo studio e la lettura è difficile lavorare. Mamma e papà che fanno la mattina? “Mi accompagnano all’asilo  e  vanno a lavorare”. 

“Chi viene a prenderti?” 

“ Le nonne, zia Anto, zio Peppe, zia Emy”

“Proprio così. Studia, leggi e lavorerai”. 

“Comincia daccapo, raccontami la storia di Davide”.

“Davide, aveva  occhi azzurri che sembravano una calamita. Sai cos’è una calamita?” mentre lei mi guarda che sembra aspetti parole di cioccolato.

“La calamita è magica. Quando si avvicina a una cosa di ferro si attacca. Hai visto quei pupazzetti che tu hai appiccicato al frigorifero? Vanne a prendere uno. Dai corri”.

Lei corre, mai così ubbidiente, ritorna con un elefantino che le ho portato dopo una spesa al supermercato. 

“Ecco questa è una calamita. Se non ci fosse la calamita, l’elefantino cadrebbe e, invece, tu non fai a tempo ad appoggiarla che subito si attacca. Allora  come una calamita  si appiccica al frigorifero, così i bambini si avvicinavano a Davide. I suoi occhi erano buoni. Buoni, buoni, si mettevano a sentire le sue storie. Lui apriva il suo libro  e cominciava a leggere. Quando finiva diceva: “Ora  andate dalle vostre mamme, la prossima volta, un’altra storia” 

 “Ma dove stava?” 

“Ah lui andava dappertutto, a Piazza Prefettura, a Piazza Sedile, e poi  nel campetto di S. Rocco, poi a Santa Maria, e poi a Chianchetta. Un giorno lì, un giorno lì e un giorno lì perchè lui voleva raccontare le sue storie a tutti i bambini di Potenza. Dove vai?”. 

Lei è corsa dalla mamma per dirle in un orecchio qualcosa ed è tornata. Con la faccia impertinente:  “Continua”  e  mi ha fatto gli occhi spalancati: “Ma non aveva la macchina?Come faceva?” 

“Ma quale macchina. A quei tempi c’erano pochissime macchine. Davide camminava a piedi.  Ora ce ne sono troppe e non si respira. Lo senti il fastidio alla gola quando passano tante macchine?” 

“Nonno comincia daccapo”. 

Lei vuole fermare ogni cosa, la vuole essere ripetuta come fa con le favole che vuole essere lette sempre più volte.

“Dunque  Davide  si sedeva sui gradini o sopra un muretto e quando si alzava per muoversi da un punto all’altro della città, il mantello si era sporcato. Dopo un po’ a furia di strusciare, si strappava. Ma lui, lo sai che faceva? Quando passava davanti ad una bottega dove si vendevano  stoffe se ne faceva dare un pezzo  e se la cuciva. E così il mantello era diventato  di tutti i colori, era vecchio eppure era bellissimo. Davide  aveva anche una sciarpa lunghissima e un fazzoletto colorato al collo”.

“Era vecchio” “No, non era vecchio. Da lontano sembrava vecchio perché aveva la barba, ma non era vecchio. Era giovane, molto giovane.  Davide arrivò a Potenza una montagna di anni fa il giorno dopo Natale. Cominciò a girare per le strade mentre c’era ancora la festa , nelle Chiese si cantava “Tu scendi dalle stelle” e nei Presepi fra la Madonna e San Giuseppe, il bue e l’asinello, le pecore e i pastori che suonano la zampogna, in un cesto con la paglia, ecco finalmente Gesù Bambino. Hanno suonato. Chi sarà?” 

Marta va a vedere. Fuori la porta ci sono gli zampognari, gli amici del palazzo escono dalle case, Marilena si nasconde impaurita per quel suono così forte, poi si incoraggia, si avvicina ascoltando un canto di Natale. Finito se ne vanno per un altro palazzo. 

“Hai visto, quelli sono gli zampognari. Quando è nato Gesù sono andati davanti alla sua capanna e hanno suonato proprio queste canzoni”

“Nonno continua”


 “Quando Davide passava o quando era fermo sotto un lampione a riposarsi, tutti si giravano a guardarlo. C’era tanto freddo. Dopo un po’  qualcuno cominciò a dirgli “Ma che vuoi? Vattene”. Marilena sente e intorbida gli occhi: “Ma poi lo hanno battuto?” 

“No,  mai. Ma devi sapere che molte volte le parole e gli sguardi cattivi sono peggio di una sculacciata. Molte persone, poi, lo incontravano? E facevano finta di niente,passavano come se lui non ci fosse. Ecco, quando uno fa finta di non vedere è meglio avere  un rimprovero da mamma. Hai capito quello che ti ho detto?”

Lei fa si, sta zitta, ha la testa poggiata sul divano e sente senza distrarsi: “Continua”

“C’erano, però, molte persone che gli volevano bene, c’era chi si fermava ad ascoltarlo e,poi,  gli  lasciava una moneta, chi gli portava una busta con qualcosa da mangiare, qualcuno gli regalava una maglia. E sai Davide che faceva? Mangiava quello che gli serviva e dava soldi, cibo, vestiti  ai poveri. Una maglia, una camicia, una sciarpa, lui le ha sempre regalate a quelli che non avevano niente da mettersi addosso. Un giorno trovò un ragazzo per terra che bruciava per la febbre e lo  coprì con il suo cappotto. Corse a chiamare il medico che lo prese e lo portò all’ospedale.  Quando guarì, Piero,così si chiamava, lo cercò e, da quel momento, gli stette accanto. Così fecero altri giovani che non si stancavano di sentire le sue parole.  Arrivò la primavera. Davide lasciò il suo mantello pieno di colori nella Chiesetta di San Rocco”

“Dove sono venuta anche io?”

 “Si ma una montagna di anni fa quella era una Chiesetta fra alberi bellissimi in mezzo alla campagna con una specie di strada dove passavano i contadini e i pastori con i loro animali”.“Continua”Davide girava per la città con un paio di pantaloni di velluto, una maglia  e il solito fazzoletto colorato attorno al collo. Un giorno a Montereale alcuni bambini  lo videro sbriciolare un pezzo di pane“. 

“Nonno, che significa sbriciolare?”

 “Davide fece a pezzettini piccoli, piccoli la mollica e la crosta del pane, se li mise nelle mani, le alzò verso il cielo mentre I bambini stavano con la bocca aperta. Non  avevano mai visto tanti uccelli che affollavano le mani. E come cinguettavano, sembrava che cantassero. Che spettacolo”

“Belloooo, mi porti a Montereale?”. 


“Certo, ci andiamo appena viene il caldo, da lì si vede tutta Potenza, anche casa tua”

“Dai, Continua” 

Si stava avvicinando Pasqua, la Domenica prima, Davide passò per Via Pretoria con tanti giovani che gli andavano dietro. Tutti lo salutavano e gli facevano festa. Gli volevano bene e amavano le sue storie. Tutti tranne un gruppetto di politicanti che non lo sopportavano” “Chi sono i politicanti, che significa sopportare? “.

 “I politicanti, come te lo faccio a spiegare, sono quelle persone  che decidono tutte le cose brutte che si fanno in una città: costruire palazzi,  tagliare gli alberi, scavare dentro la terra. Esistono i politicanti quando quelli che comandano non vogliono  bene alla città. Ma non è facile spiegartelo. Quando sarai più grande te lo spiegherò sperando che siano scomparsi.

“Non lo sopportavano significa che quelli non lo potevano vedere. Davide gli stava antipatico”

“Perché?” 

“Perché lui diceva sempre la verità e Davide soffriva molto per quelli che non gli volevano bene. All’improvviso lui non si fece vedere più e per tre giorni scomparve”. 

“E poi? Continua” “La notte del sabato prima della Domenica di Pasqua si presentò davanti alla Chiesetta di San Rocco” 

“Davide fu festeggiato da tutti quelli che uscivano dalla Messa. Chi lo invitava a destra e chi lo invitava a sinistra. Tutti volevano portarselo a casa per farlo mangiare ma lui, finita la festa, se ne andò. E così passò l’estate, venne l’autunno con i primi freddi. Arrivò dicembre. Un freddo. E la neve, Quanta neve. Tutti stavano nelle loro case preparando il Natale. Prima di tutto si faceva il Presepe. In quei tempi esisteva solo il Presepe e qualcuno lo faceva grandissimo  con le montagne, le grotte, il fiume che scorreva e ogni giorno si aggiungeva una statuina: i pastori, le pecore, la donna che portava la legna, il venditore di pesci, il fornaio. Tutto il mese di dicembre era così. Poco prima di Natale Davide raccolse in un fagotto tutte le sue cose. Girò per le strade per salutare tutti. Doveva andare in un’altra città. Questa era la sua vita”

“Davide se ne è andatoooo?” 

“Si, stava per partire” 

Diceva: “Ho da leggere le storie di questo libro ad altri bambini, voi le conoscete già. Mica le avete scordate?” 

“Erano tutti dispiaciuti e volevano che lui rimanesse ma la  sera di Natale Davide partì. La notte quando misero Gesù Bambino nella grotta,  a San Rocco c’era nella mangiatoia un piccolo mantello tutto fatto di pezzi di stoffa colorata. “Nonno, comincia daccapo. Raccontami la storia di Davide”

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