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SONO STATI TUTTI riammessi in servizio i 21 lavoratori  somministrati utilizzati  per anni dal Cotrab nel servizio urbano della città di Potenza.

E’ questa la decisione del giudice del lavoro presso il  Tribunale di Potenza, Isabella Tedone, che con la sua sentenza  pone fine a una vicenda che ha smosso il  sistema dei lavoratori precari. 

Ricordiamo che, ormai due anni fa, i  21 lavoratori erano stati  licenziati dall’azienda dopo aver denunciato i continui contratti interinali con cui venivano assunti settimanalmente ed aver chiesto l’intervento proprio del giudice del lavoro per vedere stavbilizzata la loro posizione.  E questo  nonostente avessero trovato un accordo (mai applicato) con l’azienda per il loro reintegro, dopo una serie di proteste e presidi presso gli organi istituzionali.

Il sindacato Faisa Cisal, manifesta la propria soddisfazione per il risultato raggiunto, non mancando di lanciare stilettate nei confronti di chi non ha preso a cuore questa vicenda, ma comunque ne trarrà beneficio dalla sua positiva conclusione.

“Questi  ventuno lavoratori, stanchi di subire anni di soprusi (ricordiamo che  hanno garantito l’efficienza del servizio urbano con la stipula di oltre  300 contratti di lavoro di durata settimanale, senza diritto a ferie e/o  malattie), si sono “ribellati” al sistema clientelare e, con l’aiuto  della Faisa Cisal e dell’Ufficio Legale del Sindacato, in persona  dell’Avv. Stefano Capuano, sono riusciti finalmente a far valere i  propri diritti anche a Potenza. Della loro azione, definita  spregiudicata nonché traditrice degli equilibri oscuri che li hanno  gestiti per anni, ne hanno fruito anche altri lavoratori che non se la  sono sentita di rompere   i fili di comando che li  hanno controllati – e li controllano ancora – da anni. “Ricordiamo – conclude la nota – che  il Comune   in maniera assurda, inopinata, arrogante e strana ha inteso  intervenire liberamente in causa per sostenere le tesi di una società  privata che ha sfruttato i lavoratori, schierandosi quindi contro dei  padri di famiglia.   Il tutto sotto lo  sguardo spento e la bocca chiusa delle organizzazioni sindacali di  categoria”.

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