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IL rapporto Svimez presentato in questi giorni fotografa una realtà che purtroppo conosciamo bene. E che io per primo non ho mai tentato di nascondere o in qualche modo di edulcorare in questi primi sette mesi di attività di governo, come ben sanno i tanti lucani che ho incontrato andando in giro per la Basilicata per parlare proprio della manovra di bilancio approvata ad aprile dal Consiglio regionale.

Siamo in piena recessione economica. E non da oggi. O da qualche anno. Ma da oltre un lustro. E questo – lo sappiamo – è il frutto di una crisi mondiale che arriva da lontano, che ha investito con gli effetti propri di uno tsunami finanziario l’Europa e l’Italia in modo particolare.

Poi, nel merito, non mi appassiona la discussione che pure si potrebbe fare sui numeri in senso stretto. Nel senso che trattandosi di una proiezione,  il dato annunciato dalla Svimez potrebbe essere corretto di qui a qualche mese, quando l’Istat renderà noto il dato ufficiale relativo all’andamento del Prodotto interno lordo lucano per l’anno 2013. Per cui potrebbe accadere che a novembre la proiezione Svimez di un meno 6 per cento possa rivelarsi eccessiva, tenuto conto che un anno prima il calo era stato “solo” del 3,7% e che sempre nel 2013 il Pil è sceso del 3,5% nel resto del Mezzogiorno e del 1,9% a livello nazionale.

Ripeto, non mi appassiona la “guerra” dei numeri. E né voglio sposare, solo per buon auspicio, la tesi di quanti, dati alla mano, sostengono che la previsione della Svimez  sarebbe eccessivamente pessimistica, tenuto conto per esempio che i consumi delle famiglie, i quali incidono per il 60 per cento sul Pil regionale, nel 2013 sono cresciuti in termini reali dello 0,6%.

Per cui non si spiegherebbe, di conseguenza, un calo di quasi 3 punti percentuali, pur in presenza di altri elementi che sicuramente hanno inciso sul risultato finale del Pil, come il calo delle esportazioni, degli investimenti o dei consumi delle pubbliche amministrazioni.

Gli esperti mi dicono che se utilizzassimo il dato preconsuntivo al 2013 di Unioncamere, ritenuto più realistico,  nel periodo 2008-2013 la perdita di Prodotto interno lordo in Basilicata si attesterebbe, complessivamente, per i sei anni presi in esame, al 13,4 per cento. Che è praticamente identico a quello meridionale: 13,3%.

Mentre se tenessimo conto (sempre per lo stesso periodo) del dato Svimez la perdita sarebbe del 16,3%. Cioè tre punti in più.

Il che, ovviamente, non è poco.

Chi ha ragione e chi torto? Lo vedremo di qui a qualche mese e comunque, per quanto mi riguarda, l’obiettivo che mi sono prefisso di raggiungere, insieme con il governo regionale e la maggioranza di centrosinistra che mi sostiene è quello di riportare il segno “più” dinanzi alla voce Pil. 

E per farlo mi spenderò sino allo stremo delle forze, chiedendo a tutti quelli che collaborano con me e ai tanti che, ne sono certo, in Consiglio regionale e nei partiti  hanno a cuore il bene della Basilicata,  di fare altrettanto.

Io credo che non ci possano, e né debbano, esserci mezze misure.

O lavoriamo tutti insieme, con una azione corale, forte che metta al centro dell’impegno quotidiano le misure di sostegno all’occupazione e alla ripresa produttiva, con una visione di sviluppo che coniughi la difesa dell’ambiente e la salvaguardia della salute con l’utilizzo delle risorse naturali che per fortuna abbiamo, oppure saremo destinati ad essere travolti da un disagio sociale che non sarà più contenibile nel recinto della gestione ordinaria.

Il confronto avviato con il Governo sui temi del petrolio e del patto di stabilità interno va esattamente in questa direzione. L’ho detto al ministro Guidi, al sottosegretario Vicari, al sottosegretario Lotti e tramite quest’ultimo al presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

La Basilicata non può morire di inedia, pur avendo le risorse che le consentirebbero di avviare un serio processo di sviluppo. Non è possibile che le nostre aziende falliscano o che qualche imprenditore (come purtroppo è accaduto anche di recente) si suicidi perché la pubblica amministrazione, pur avendo i soldi in cassa, non può onorare i propri debiti.

Questa angoscia che mi porto dentro e che quotidianamente viene alimentata da decine e decine di “sms” che mi arrivano sul telefonino e che a volte non mi fanno dormire la notte, io voglio trasformarla, insieme con quanti condividono questa battaglia, nell’ottimismo della fatica.

Nella voglia di snellire la pubblica amministrazione, portando a termine le riforme avviate in questi mesi, con il Commissariamento dei Consorzi di Bonifica,  l’eliminazione dell’Arbea, la riforma dell’Arpab, dell’Alsia e dei Consorzi industriali. In una parola, spezzando quei lacci e lacciuoli con i quali sempre più spesso i nostri imprenditori sono costretti a fare i conti.

E così come noi stiamo chiedendo in queste ore al Governo di utilizzare la decretazione d’urgenza per affrontare le emergenze legate al patto di stabilità, alla revisione del bonus carburanti (da utilizzare soprattutto per le famiglie a rischio povertà) e per saldare un debito storico sul piano dei ritardi infrastrutturali utilizzando lo strumento del Memorandum a suo tempo sottoscritto tra Stato e Regione, io proporrò al Consiglio regionale, in sede di assestamento di bilancio, di cominciare a far “saltare” qualche commissione inutile.

Commissioni pletoriche, che è sempre difficile far riunire. Ma che nello stesso tempo frenano o non consentono di far rilasciare autorizzazioni che farebbero aprire i cantieri e dare lavoro ai disoccupati che non sanno come sbarcare il lunario.

Il Pil di per sé non dice nulla. E’ un numero. Spesso anche ballerino, come ho cercato di spiegare all’inizio. Però dietro quel numero ci sono storie, emozioni, sacrifici, gioie e dolori di uomini e donne in carne ed ossa. E se quel numero continuerà a restare con il segno “meno” davanti, come è accaduto in questi ultimi sei anni, sarà una sconfitta della quale ciascuno di noi dovrà rendere conto innanzitutto alla propria coscienza.

*Presidente della Regione Basilicata           

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