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ALTO BRADANO – L’ultima stima parla di più di 1.100 persone. Numeri che impressionano se si tiene conto che la raccolta del pomodoro inizierà tra qualche settimana. La maggior parte sono africani, in particolare dal Burkina Faso e dal Burundi. Ma ogni tanto si vede anche qualche est europeo. Occupano – per i più fortunati ovviamente – alcune case diroccate o abbandonate della zona tra Boreano, Palazzo San Gervasio e Lavello. La maggior parte sono uomini, spesso ragazzi tra i 20 e i 30 anni. Alcuni hanno famiglie e in qualche casolare vivono anche donne con bambini a seguito. Non hanno luce e acqua e sperano incessantemente che possa piovere in modo da essere “utilizzati” per la raccolta. Ma questo è solo un particolare di una fotografia molto più ampia che rischia di sfuggire di mano. Da quest’anno il fenomeno legato ai migranti utilizzati per la raccolta del pomodoro è sensibilmente aumentato. 

«Continuano ad arrivare – conferma l’assessore ai Servizi Sociali della Provincia, Paolo Pesacane tra i più attivi nell’accoglienza dei ragazzi stranieri – e una stima è difficile farla al momento. Attualmente siamo intorno alle mille presenze». Numeri importanti che non si registravano da tempo. Un paradosso se si tiene conto del fatto che il comparto è in crisi e non è detto che i proprietari dei terreni della zona, raccoglieranno quello che un tempo veniva chiamato l’oro rosso. Per loro è più conveniente lasciare marcire il pomodoro che raccoglierlo per poi non venderlo a causa della crisi e del prezzo piuttosto basso dello stesso. Dunque ciò che si temeva già dalla fine di luglio con l’arrivo dei primi extracomunitari, sta diventando una triste realtà. «In case di 80 mq – spiega l’assessore Pesacane – vivono dai 20 ai 35 immigrati di nazionalità del Burkina Faso, Sudan, Ciad, Ghana, per lo più giovani che sono alla ricerca di un lavoro che non viene svolto dai nostri braccianti e quindi diventano una risorsa per i nostri agricoltori. Arrivano privi di ogni bene con in spalla piccoli zaini nei quali vi è l’indispensabile per sopravvivere per qualche giorno.  E’ un “Comune particolare” – sostiene provocatoriamente –  poiché mancano le infrastrutture primarie (approvvigionamento di acqua potabile, eliminazione dei rifiuti, distribuzione dell’elettricità e servizi igienici, ecc.) e pertanto diventa impegnativo, e quasi impossibile, cercare di risolvere situazioni che richiederebbero ben altri interventi integrati quali la riduzione della povertà, l’occupazione, i redditi, i ricoveri, il cibo, la salute e l’accesso ai servizi urbani di base». 

Oltre alla Provincia in prima linea ci sono le associazioni. I 50.000 euro stanziati dalla Regione “alleviano” di poco la problematica. Qualche Comune come Palazzo San Gervasio ha stanziato circa 2.000 euro e a Venosa il commissario prefettizio si è impegnato a posizionare dei cassonetti per i rifiuti. Il grosso dell’accoglienza, come è sempre stato, è in mano alle associazioni di volontariato della zona. La Caritas per diversi giorni alla settimana fa il suo giro tra le contrade più densamente popolate: da  Boreano a Mulini Matinelle in agro di Venosa, da Sterpara di Montemilone fino a Gaudiano di Lavello. I volontari portano quello che raccolgono: dal cibo al vestiario fino alle coperte. Domani hanno promosso una iniziativa che si chiama “Un carrello per Boreano”. I volontari si posizioneranno all’uscita dei supermercati chiedendo un aiuto concreto. Oltre alla Caritas in campo anche diverse associazioni della zona che oltre a portare beni di prima necessità, hanno promosso dei corsi di italiano, molto frequentati dagli extracomunitari. Ma oltre all’aspetto più prettamente sociale, c’è un aspetto lavorativo da non sottovalutare. «C’è una illegalità diffusa – riprende l’assessore Pesacane – compito della Provincia  è quella di cercare di sottrarre terreno allo sfruttamento di queste persone. In questo contesto le associazioni svolgono un ruolo fondamentamentale». E aggiunge: «Grazie all’acquedotto approvvigioniamo di acqua potabile i lavoratori. Grazie alla collaborazione dell’Asp siamo in grado di poter offrire servizi sanitari». Molto c’è ancora da fare. Soprattutto tra un paio di settimane quando la raccolta sarà a pieno regime e il loro numero aumenterà sensibilmente.

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