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DUE donne,  Margherita Santarsiero e la figlia Annalisa Lovito,   «sono state “usate spudoratamente dagli organi ecclesiastici” per lavarsi le mani e la coscienza». Così Maria Bamundo, legale delle donne delle pulizie a processo per falsa testimonianza, ieri ha sintetizzato il suo pensiero in un post su Facebool. «Io ritengo – si legge ancora – che dopo 17 anni di silenzi e torbidi depistamenti tutto ciò è intollerabile».

Un post apparso all’indomani della seconda udienza del processo per false dichiarazioni resa al pm dalle due donne della pulizie accusate di avere mentito su quello che accadde il 17 marzo del 2010, giorno del ritrovamento, nel sottotetto della chiesa della Trinità, dei resti di Elisa Claps.
L’avvocato Bamundo è davvero convinta – anche con atti alla mano – della totale innocenza delle sue assistite che sarebbero «state messe in mezzo» per coprire le responsabilità di altri.

Quel 17 marzo di quattro anni fa, insomma, «si sarebbe – ha aggiunto – consumata una messa in scena».
A provarlo anche quanto affermato  venerdì in tribunale da due, dei tre, operai che in quei giorni di marzo erano alle prese con dei lavori per riparare quella perdita d’acqua che attraverso il soffito si infiltrava all’interno della chiesa.
Sia Corneliu Todirca che Ion Vasiliu «nelle loro testimonianze di venerdì – ha precisato il legale di Margherita Santarsiero e Annalisa Lovito – sono stati molto evasivi rispetto sia al racconto di quel giorno sia alle  domande e alle contestazioni rivolte loro dal pm e da noi avvocati».
Tordica, a esempio, avrebbe «glissato parecchio rispetto a quello che avrebbe visto o non visto quella mattina nel sottotetto».
Stesso copione per Ion Vasiliu. A stupire poi «la risposta – ha proseguito l’avvocato Bamundo – data  da don Wagno nel momento in cui i due operai lo informarono di quanto avevano visto nel sottotetto». L’allora parroco della Trinità «avrebbe infatti risposto “chiamiamo la Polizia” senza neanche prendersi la briga di andare a vedere cosa realmente ci fosse nel sottotetto».

E poi «perché gli operai quel giorno si trovavano nel sottotetto senza avere prima verificato se la perdita potesse provenire da una tubatura rotta in uno degli altri piani che si trovano tra la chiesa e i locali dove è stato rinvenuto il cadavere di Elisa?». Insomma quel 17 marzo del 2010 «si sarebbe – ha proseguito il legale delle due donne – inscenata una farsa» visto anche il fatto che «Ion Vasiliu non si trovava neanche con Corneliu Todirca nel momento del rinvenimento dei resti di Elisa».
E questo sarebbe confermato dalle sue dichiarazioni alquanto generiche «rispetto anche alla descrizione dei luoghi e alle modalità del ritrovamento dei resti mummificati della studentessa potentina uccisa il 12 settembre 1993».

Vasiliu, infatti, si sarebbe limitato a dire che lui non sapeva neache dove si trovava di preciso visto che «seguiva Corneliu Tordica che camminava davanti e faceva luce con il suo cellulare».

a.giammaria@luedi.it

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