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PAOLA – Giorni delicati per il prosieguo dell’inchiesta ter sul delitto di Roberta Lanzino, inchiesta aperta a seguito della sorprendente scoperta del Ris di Messima, che ben 27 anni dopo l’omicidio, è riuscito ad isolare il genoma del presunto assassino da un pugno di terriccio con gocce di sangue della vittima, misto a tracce di sperma dell’autore della violenza sessuale e dell’omicidio. Si ricorda, che la giovane ragazza cosentina è stata violentata e uccisa il 26 luglio del 1988, in un’area impervia del territorio di Falconara Albanese: Roberta con il suo motorino, quel giorno, era partita da Cosenza per raggiungere la casa al mare. Purtroppo è stata fermata a metà strada da chi l’ha barbaramente stuprata e assassinata. Due processi – il secondo terminato lo scorso maggio, dopo la clamorosa scoperta del Dna – si sono tenuti sul caso, entrambi chiusi con l’assoluzione dei rispettivi imputati. Quindi la riapertura dell’indagini a distanza di oltre un quarto di secolo dall’efferato crimine e i colpi di scena, in questa tristissima e bruttissima vicenda, potrebbero non essere finiti. 

PRELIEVI DEL DNA – Già da alcuni mesi gli investigatori, coordinati dai pm della procura di Paola, Maria Camodeca e Sonia Nuzzo, hanno cominciato ad eseguire “tamponi” su soggetti sospettati, al fine di individuare il loro profilo genetico da rapportare con il Dna isolato nel terriccio. L’auspicio è di riuscire prima o poi, a dare un’identità a quella impronta genetica per adesso chiamata “Ignoto1”, come nel caso Yara Gambirasio, la ragazzina violentata e uccisa nel Bergamasco, delitto risolto proprio grazie ad un’impronta genetica reperita sugli indumenti della vittima. I “tamponi” eseguiti finora sono diversi e ne verranno effettuati ancora, in modo pubblico ed in modo “riservato”, vale a dire all’insaputa dell’individuo attenzionato. Ieri, è stato compiuto l’esame del Dna su due componenti della famiglia Sansone, congiunti di Franco Sansone, assolto assieme al coimputato Luigi Carbone, nell’ultimo processo summenzionato. La decisione dei magistrati inquirenti di “esaminare” ancora i Sansone, dopo l’assoluzione, tra l’altro richiesta dai pm, appare una mossa più che altro dettata da uno scrupolo per non lasciare nulla d’intentato. Franco Sansone è stato scagionato proprio dalla prova del Dna di “Ignoto1” non compatibile con il suo profilo genetico. Più significativi – perché esprimono chiaramente dov’è mirata la nuova inchiesta – gli esami del Dna già svolti ed in via di svolgimento su altri soggetti, compresi uomini non residenti nei luoghi del delitto. 

PISTA INEDITA E IL POSSIBILE APPELLO DELLA PROCURA GENERALE – Il procuratore di Paola, Bruno Giordano ed i sostituti titolari del procedimento, dopo aver chiesto l’assoluzione di Sansone e Carbone, stanno battendo una «pista inedita e alternativa» alle precedenti, rivelatesi infruttuose, nel tentativo di risolvere finalmente il giallo che da anni tiene in apprensione la città di Cosenza. Certamente la procura di Paola non farà ricorso avverso la sentenza assolutoria pronunciata a maggio dalla Corte d’Assise. Atto d’appello che potrebbe, invece, essere prodotto dalla procura generale di Catanzaro, che ha potere d’iniziativa autonomo, nella fattispecie. Secondo attendibili notizie filtrate da ambienti giudiziari, il procuratore generale di Catanzaro starebbe già valutando tale possibilità. Ma ancora non c’è nulla di sicuro.

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