X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

 

POTENZA – La dritta del gancio dei lucani nella banda Mokbel era buona, molto buona.  Silvio Fanella aveva nascosto il suo tesoro, una cascata di diamanti e poi contanti e orologi preziosi, in un anonimo condominio del frusinate. Ed è morto milionario, senza che nessuno riuscisse a costringerlo a rivelare dov’era.

E’ la pista del tentativo di sequestro quella su cui puntano gli inquirenti della Dda di Roma che stanno indagando sull’omicidio del «cassiere» degli autori della frode da 2 miliardi di euro Telecom Sparkle – Fastweb.

In queste ore le analogie con il piano sventato ad agosto del 2012 sono al vaglio degli agenti della squadra mobile e dei carabinieri del Ros coordinati dal pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini. 

A partire dai ruolo di 2 «finanzieri» veri o presunti, come quelli che hanno bussato a casa della cugina di Fanella, e che 2 anni fa sarebbero stati pronti ad entrare in azione assieme a Giovanni Plastino, Aniello Barbetta e Roman Mecca, tutti e 3 di Rionero, più un certo Piero o Giampiero con un trascorso «nella banda della Magliana».

Poi c’è Roberto Macori, che nel 2010 è stato arrestato assieme a Fanella e Mokbel, l’imprenditore romano al centro di un intreccio irrisolvibile tra mala, estrema destra e servizi segreti.

Macori sarebbe stato chi ha “assoldato” il gruppo per rapire Fanella sapendo che aveva nascosto parte del bottino della maxi-frode. Ma nelle intercettazioni dei carabinieri di Potenza c’è anche il suo disappunto dopo un primo tentativo di rapimento finito male, perché Fanella era uscito in auto e non col motorino.  

Due anni più tardi invece di aspettarlo in strada i tre militari della Guardia di Finanza – veri o finti che siano – avrebbero optato per entrare in casa con un borsone pieno di cerotti e fascette adesive,  che è stato ritrovato giovedì mattina dagli agenti intervenuti nell’abitazione di via della Camilluccia, dove Fanella si era trasferito di recente.

Stando alla ricostruzione degli inquirenti ne sarebbe venuta fuori una colluttazione, degenerata nella sparatoria che è costata la vita al «cassiere», oltre al ferimento di uno dei componenti del commando.

Per gli investigatori Fanella, un semplice ragioniere con la passione per il cinema, avrebbe fatto fuoco per primo quando ha capito le reali intenzioni dei tre. A questo punto, infatti, non si esclude più che avesse una pistola in casa nonostante fosse ancora sottoposto a una misura cautelare dopo la condanna in primo grado a 9 anni di reclusione. Quindi avrebbe sparato ferendo al gluteo uno dei suoi aggressori, e subito dopo sarebbe stato disarmato tentando la fuga nel bagno, dove è stato colpito a morte. Ma che fine abbia fatto la pistola ancora non è chiaro.

L’indagine ha vissuto, comunque, l’accelerazione più forte nella mattinata di ieri con l’individuazione del luogo in cui Fanella aveva nascosto parte del suo tesoro.  Gli investigatori hanno potuto mettere le mani su una vera e propria miniera di diamanti, tutti nascosti in una intercapedine dell’appartamento. Sistemati in 34 bustine di plastica, i preziosi, il cui valore supera cifre a sei zeri, rappresentavano, forse, il principale obiettivo dei tre killer che hanno raggiunto l’abitazione di Fanella, alla Camilluccia. Nella casa di Pofi, in Ciociaria, sono trovati anche 284mila dollari, 188mila euro e numerosi orologi di pregio tra cui un Rolex incastonato di diamanti.

Resta quindi da capire chi ci sia dietro l’azione dei tre, motivo per cui non è escluso che possano essere sentiti personaggi vicini a Fanella, tra cui lo stesso imprenditore di origine egiziana Mokbel.

In questo ambito determinante sarà l’interrogatorio di Giovanni Battista Ceniti, il 29enne rimasto ferito nella colluttazione scoppiata nell’appartamento di Fanella. Il giovane, con un passato da militante nel movimento di estrema destra Casapound, è ancora ricoverato in rianimazione al Policlinico Gemelli: appena le sue condizioni lo consentiranno i magistrati andranno ad ascoltarlo. Ceniti non abitava nella capitale e forse è venuto a Roma appositamente per compiere l’azione. Proprio come due anni fa avevano fatto Plastino, Barbetta e Mecca da Rionero in Vulture.

l.amato@luedi.it

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE