X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

LAMEZIA TERME – Tre condanne a 30 anni (il pm aveva chiesto tre ergastoli) e due condanne a 6 anni per due collaboratori di giustizia. Questo il verdetto emesso dal gup di Catanzaro, Domenico Commodaro, nei confronti dei quattro presunti mandanti dell’omicidio di Federico Gualtieri maturato nell’ambito dello scontro fra i clan opposti: Giampà da un lato e Cerra-Torcasio-Gualtieri dall’altro. Un quinto imputato era accusato di concorso nell’omicidio le cui indagini giunsero a una svolta dopo le dichiarazioni di due pentiti che si autoaccusarono di essere stati gli esecutori. 

A 30 anni sono stati condannati: Pasquale Giampà, detto “mille lire”, Aldo Notarianni, detto “alduzzu” e Vincenzo Bonaddio, detto “lucky”, ritenuti tra i componenti della cupola del clan Giampà. Sei anni (il pm Elio Romano aveva chiesto 4 anni) sono stati inflitti ai collaboratori di giustizia Giuseppe Giampà, ritenuto anch’egli fra i mandanti, ex capo dell’omonimo clan, e per Vincenzo Ventura, quest’ultimo divenuto collaboratore di giustizia mentre era in corso il processo che si è celebrato con il rito abbreviato. Grazie alla scelta del rito alternativo infatti Notarianni, Pasquale Giampà e Bonaddio hanno evitato l’ergastolo, così come hanno evitato pene ben più pesanti in quanto pentiti sia Giuseppe Giampà che Ventura. 

Nulla da fare, quindi, per la difesa degli imputati che avevano chiesto l’assoluzione per i loro assistiti ritenendo i pentiti inattendibili in quanto avrebbero fornito dichiarazioni contrastanti fra loro anche sul movente. Secondo quanto emerse, la «condanna» a morte di Federico Gualtieri (ucciso con otto colpi di pistola calibro 9 alle 8 di mattina del 23 marzo del 2007 mentre stava sistemando la sua bancarella della frutta insieme alla moglie e al suocero in via Mario Ferlaino), sarebbe stata decisa dai componenti della “cupola” della cosca Giampà. Federico Gualtieri, ritenuto affiliato al clan rivale Cerra – Torcasio – Gualtieri in guerra contro i Giampà – secondo i pentiti – fu ucciso perchè Pasquale Giampà sospettava che Gualtieri voleva ucciderlo. 
Giampà era stato avvisato dalla polizia quando in un’intercettazione emerse che si stava progettando un agguato contro Pasquale Giampà e Gualtieri stava effettuando dei sopralluoghi nel posto dove era stato pianificato l’agguato contro Giampà. Ventura avrebbe accompagnato in auto Torcasio a casa di Cappello la mattina dell’omicidio, attendendoli sempre con la sua auto subito dopo la commissione dell’omicidio in contrada Casturi e accompagnando prima Cappello presso la sua abitazione di contrada Serra e poi Torcasio a casa sua.
Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE