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REGGIO CALABRIA – Sulla carta era un operaio forestale ma di fatto gestiva un impero da 13 milioni di euro e secondo l’accusa lo faceva grazie all’appoggio della cosca mafiosa dei Cordì di Locri. Stamattina, nei confronti di Nicola Romano, 49 anni, è scattato un maxisequestro, eseguito dalla Direzione investigativa antimafia: 4 aziende, 47 immobili, terreni e conti correnti. Si tratta dei beni che Romano avrebbe accumulato grazie all’impresa con la quale accumulava appalti per la realizzazione di opere pubbliche e il taglio boschivo.

Tutte commesse, che, secondo i pm, otteneva grazie alla ‘ndrangheta. Romano è stato coinvolto nel 2012 nell’inchiesta dei carabinieri chiamata “Saggezza” dalla quale era emerso il suo ruolo di di capo del locale di Antonimina. Per lui è stato disposto il rinvio a giudizio per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni.

Secondo gli investigatori, attraverso le ditte di cui era titolare, si è aggiudicato lavori nel settore dell’edilizia pubblica nella Locride. Il personale della Dia di Reggio Calabria ha compiuto numerosi accertamenti patrimoniali nei confronti dell’imprenditore. Gli investigatori hanno verificato le modalità di acquisizione del patrimonio societario e personale ed è emerso che Romano, negli ultimi anni, aveva incrementato in modo esponenziale la propria attività, aggiudicandosi numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche in tutto il territorio nazionale e nel Nord Italia.

E’ emersa anche una sproporzione tra gli investimenti effettuati da Romano rispetto alle risorse lecite di cui poteva disporre. Le quattro aziende sequestrate operano nel settore della fabbricazione e commercializzazione del legno, nell’edilizia e nell’agricoltura. Tra i 47 immobili ci sono 31 appezzamenti di terreno per un’estensione complessiva di circa 22 ettari di terreno coltivato, 7 appartamenti, un capannone adibito a stabilimento industriale di circa 900 metri quadrati e diversi magazzini e fabbricati rurali.

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