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REGGIO CALABRIA – Sono tre le cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro coinvolte nell’operazione, denominata “Saggio compagno”, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria per l’esecuzione di 36 provvedimenti di fermo emessi dalla Procura antimafia reggina. Alcuni fermi sono avvenuti nelle province di Roma, Verbania e Vibo Valentia. 

IL VIDEO DEL BLITZ DEI CARABINIERI

L’operazione, eseguita con l’ausilio dello Squadrone eliportato Cacciatori “Calabria”, è scaturita da indagini avviate nel novembre del 2013 anche sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Le cosche coinvolte sono quelle dei Petullà, dei Ladini e dei Foriglio quali articolazioni autonome dell’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico nota come “locale” di Cinquefrondi, operante nei comuni di Cinquefrondi e Anoia con ramificazioni in tutta la provincia di Reggio Calabria ed in altre province.

L’ELENCO COMPLETO CON I NOMI DEI FERMATI

«L’attività della cosca, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo – secondo quanto riferiscono i carabinieri in una nota stampa – era finalizzata al controllo ed allo sfruttamento delle risorse economiche della zona mediante una serie indeterminata di delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in materia di commercio di sostanze stupefacenti, favoreggiamento latitanti, nonché delitti finalizzati ad acquisire direttamente e indirettamente la gestione e il controllo di attività economiche, in particolare nel settore degli appalti boschivi, ed ogni altra attività
illecita».

Nell’ambito della stessa operazione sono stati sequestrati beni mobili ed immobili ritenuti riconducibili ad alcuni degli indagati per un valore di oltre cinquecentomila euro. L’attività investigativa ha permesso, inoltre, nelle sue varie fasi, di procedere all’arresto di otto persone, al sequestro di oltre un chilogrammo di cocaina ed al ritrovamento di numerose armi da guerra e comuni da sparo.

LA MICROSPIA – Il procuratore capo della Procura di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, ha anche reso noto che l’organizzazione poteva contare sull’aiuto di alcuni esponenti delle forze dell’ordine: «La ‘ndrangheta – ha detto – non può essere forte se non ha addentellati tra le istituzioni».

La persona indagata è un poliziotto che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe rivelato al boss Giuseppe Ladini, capo dell’omonima
cosca, arrestato nell’aprile del 2014, che, su disposizione della Dda di Reggio Calabria, era stata collocata una telecamera davanti l’ingresso della sua abitazione».

Il procuratore ha rivelato solo che tra i 36 fermati ve ne sono alcuni accusati anche di favoreggiamento in relazione a tale episodio, ma le indagini sugli appartenenti alle forze dell’ordine infedeli vanno avanti.

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