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ARRIVA dopo dodici anni, la sentenza per i sedici imputati nell’operazione di polizia denominata “Dalidà”, che nell’estate del 2003 portò a decapitare una grossa associazione criminale, dedita al traffico ed allo spaccio di stupefacenti nel Materano, tra i capoluogo, la vicina Montescaglioso e Bernalda.

Da questi tre comuni provengono, infatti, tutti gli imputati, uno dei quali deceduto, come Giuseppe Montemurro.

Il tribunale di Matera, in composizione collegiale, presidente Giuseppe De Benedictis, giudici a latere Rosa Bia e Danilo Staffieri, ha inflitto pene molto dure a coloro che sono stati ritenuti i capi e coordinatori dell’attività di spaccio, come Nunzio Paolo Castellaneta, condannato a tredici anni e cinque mesi di reclusione; Cesidio Decesare è stato condannato a sette anni e tre mesi; sei anni e nove mesi a Nunzio Larizza; sei anni e otto mesi a Rocco Diprimo, tutti difesi dall’avvocato Pietro Damiano Mazzoccoli. Donato Venezia, difeso dall’avvocato d’ufficio Carmelo Panico, è stato, invece, condannato a sei anni e otto mesi di reclusione. Tutti sono stati condannati a pagare pro quota le spese processuali e quelle dell’Erario per la misura cautelare subìta. Castellaneta, Decesare, Venezia, Larizza e Diprimo sono stati dichiarati anche interdetti in perpetuo dai pubblici uffici. I giudici hanno, invece, assolto Filippo Potenza e Giusy Mianulli, compagna di Nunzio Larizza, oltre che Salvatore Maglio e Francesco Potenza; Fabio De Mitri, difeso dall’avvocato Pietro Mazzoccoli di Montescaglioso, Antonio Dimichino e Giovanni Paolicelli. Condanne piuttosto pesanti, da cui comunque in alcuni casi sono state escluse le aggravanti; in altre fattispecie, essendo stata derubricata l’accusa da traffico a spaccio, in questi 12 anni è intervenuta la prescrizione. L’operazione Dalidà fu un duro colpo al traffico di droga, che in quegli anni imperversava nella provincia.

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