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POTENZA – Per il gip di Lagonegro è «uno spacciatore molto attivo, quasi frenetico». Per gli uomini ai comandi del capitano Biagio Simonetti è il primo anello della catena che dal ragazzo ricoverato nell’ospedale di Chiaromonte, due estati orsono, conduce al blitz di martedì mattina.
Cristian Bulfaro è agli arresti domiciliari. Suo fratello Rosario è ancora “irreperibile” assieme a Umberto Donato, il tarantino Christian Labonia e l’albanese Elton Tufa, più noto come “il pasticcere di Maratea”, arrestato a giugno dell’anno scorso per sfruttamento della prostituzione. Quanto ai primi due, entrambi di Senise, sono attese novità entro la metà della prossima settimana. Gli investigatori contano sulla possibilità che si costituiscano spontaneamente, mettendosi di fatto a disposizione dell’autorità giudiziaria in attesa del prosieguo delle indagini. Quanto agli altri invece la situazione è più complessa, d’altro canto anche le accuse sono molto più pesanti. Cristian Labonia è indicato come l’intermediatore dei “grossisti” dello spaccio dell’Alto Sinni sul mercato nero tarantino. Elton Tufa come un rifornitore capace di smerciare sette chili di marijuana in una volta sola. Sulla sua testa pende già un decreto di espulsione, quindi è probabile che abbia già lasciato il Paese, o sia passato in clandestinità.
Quello del ventinovenne Bulfaro, detto “capalonga”, è uno dei primi nomi finiti sul registro degli indagati. Sarebbe stato un amico del minorenne finito in ospedale a svelare i suoi traffici davanti al bar Botero. «Lo chiamavo al telefono e gli chiedevo un incontro senza aggiungere altro. Lui quasi sempre mi diceva di trovarsi sulla zona “piano” che sarebbe la cosiddetta “via nuova”. Quando lo avevo raggiunto gli chiedevo se aveva hashish e marijuana (…) Non me la consegnava subito, ma andava prima dalle parti di casa sua e tornava cinque dieci minuti dopo (…) con gli amici raggruppavamo cinque o dieci euro per trascorrere la serata». Oltre a Bulfaro almeno altre due persone avrebbero spacciato ai ragazzi della zona: Umberto Donato e Pasquale Uccelli, entrambi ventitreenni. Veri e propri “pusher” – per l’accusa – che facevano «capo», stando sempre alle testimonianze dei giovani sfilati in caserma dai carabinieri, al duo Salvatore Lupia-Antonio Aschettino. Erano aggressivi. Bulfaro, in particolare, avrebbe cercato “clienti” tra gli studenti dell’istituto per geometri del paese, e una volta agganciati con le droghe leggere non faceva mancare l’offerta di qualcosa di più forte. «In più di qualche occasione – hanno raccontato almeno due dei testimoni sentiti dai carabinieri – mi ha detto che se avessi avuto bisogno di cocaina me l’avrebbe procurata da Rocco “la bomba” – alias Ponzio, ndr – o da Antonio Aschettino. Io ho sempre rifiutato (…) mi ribadiva la stessa domanda. Ho rifiutato di nuovo».
Se si sale di livello lo stile non cambia. Rocco Ponzio avrebbe avvisato i suoi “compratori” quando aveva la bianca per loro, invitandoli ad andarlo a trovare. Faceva credito ma al momento giusto sapeva andare a riscuotere quanto gli spettava. Altre volte avrebbe chiesto i soldi in anticipo per pagarsi la rifornitura. Ma anche qualcuno di loro davanti ai militari ha deciso di vuotare il sacco.

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