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Con l’operazione della squadra mobile di Catanzaro, sono stati ricostruiti anni di faide ed estorsioni, cambi al vertice delle organizzazioni criminali, ma anche sequestri di persona e omicidi; tutto, passando per il controllo delle amministrazioni pubbliche.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip Tiziana Macrì, riguardano trenta persone, tutte accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso, oltre che, a vario titolo, di omicidio, danneggiamento ed estorsione, reati in materia di armi ed esplosivi, turbativa dei pubblici incanti per gli appalti riferiti al Comune di Gerocarne. Tra gli arrestati infatti, figura anche l’ex sindaco della cittadina in provincia di Vibo Valentia, Michele Altamura, 41 anni, nipote del presunto boss Antonio Altamura, 65 anni, già detenuto.
Le indagini, che hanno coperto un lasso di tempo molto ampio, hanno permesso di ricostruire l’evoluzione della faida nata all’interno del locale di Gerocarne, che controllava anche i centri del comprensorio, con la guerra di mafia che ha interessato le famiglie Maiolo e Loielo, quindi l’ascesa di Bruno Emanuele.
Le indagini sono state incentrate sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, su intercettazioni telefoniche e ambientali: «la storia del locale di Gerocarne – ha detto il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo – con continue scissioni all’interno, numerosi omicidi e collegamenti di rilievo con le cosche del Reggino e del Catanzarese». Come dimostrerebbe, tra l’altro, la partecipazione di Mico Oppedisano, storico boss del Reggino, a un funerale di un componente del locale di Gerocarne. Ma tra le carte sono finiti anche gli interessi malavitosi sui sequestri di persona degli anni Novanta. Tra questi, quello di Carlo Celadon, figlio di un noto imprenditore di Vicenza, avvenuto nel 1988, e di un altro imprenditore pugliese di Massafra. I rapporti tra le famiglie Maiolo e Loielo, ha spiegato il capo della Mobile, Rodolfo Ruperti, si sono incrinati quando i fratelli Vincenzo e Giovanni Loielo sono usciti dal carcere usufruendo di vari permessi, nel 1989, chiedendo di avere la loro parte nella gestione degli affari che prima era comune con i Maiolo. A quel punto, è scattato il primo tentato omicidio di uno dei fratelli, seguito dalla latitanza di entrambi. L’avvio della faida è stata aggravata anche dagli interessamenti sempre crescenti di Bruno Emanuele, prima vicino ai Loielo, nel tentativo di guadagnare nuovi spazi. Fino al duplice omicidio dei fratelli Loielo, avvenuto ad aprile del 2002, per il quale lo scorso anno è stato arrestato proprio Emanuele.

In mezzo alla faida, estorsioni, appalti truccati, minacce e tanto altro, tra cui la bomba fatta esplodere sotto l’autovettura dell’allora sindaco di Arena, Giosuele Schinella, a gennaio 2009, reo di non avere concesso un’autorizzazione per l’apertura di una sala giochi ed a cui era interessata la cosca. Per il questore di Catanzaro Vincenzo Roca, «l’operazione è sintomatica di quello che avviene sul territorio, con la nascita di una ‘ndrina che cerca di farsi spazio e che poi entra in fibrillazione».
Soddisfazione è stata espressa, nel corso della conferenza stampa che si è svolta stamani in Questura, dal procuratore generale, Santi Consolo, e dal procurato distrettuale, Vincenzo Antonio Lombardo (nella foto), che si è anche soffermato sul fatto che nelle carte dell’inchiesta «c’è anche traccia di un meeting mafioso tenuto a Serra San Bruno». Per il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, «l’indagine trae origine nella storia della ‘ndrangheta Vibonese, dando seguito ad altre operazioni che negli anni hanno permesso di fare piena luce su diversi omicidi di mafia».

MACCARI (COISP): “PLAUSO ALLA POLIZIA DI CATANZARO”
Il Segretario Generale del COISP, Franco Maccari, fino a ieri in Calabria per partecipare a diverse iniziative si è congratulato per l’operazione condotta dalla Squadra Mobile di Catanzaro: “Rivolgo un plauso ai colleghi catanzaresi – dice il Segretario del Sindacato Indipendente di Polizia – per la brillante operazione condotta contro le cosche mafiose delle Pre-Serre Vibonesi, che ha portato in carcere 30 persone accusate di efferati delitti, dagli omicidi alle estorsioni, fino ai sequestri di persona, oltre a colpire alcuni ex amministratori locali accusati di complicità con le cosche nell’assegnazione illecita di appalti pubblici. Le continue e fruttuose operazioni delle Forze dell’Ordine e della magistratura contro la criminalità in Calabria – prosegue Maccari – dimostrano la necessità di tenere alta la guardia e di non cedere nell’attività di contrasto. A fronte dei successi investigativi, purtroppo, registriamo la grave e perdurante situazione di disagio delle Forze dell’Ordine e degli uffici di Procura, cronicamente carenti dei mezzi e delle risorse necessarie per svolgere al meglio il lavoro di indagine. Situazioni denunciate continuamente non soltanto dal Sindacato di Polizia, ma anche dai vertici della Magistratura inquirente.
E’ evidente che i risultati vengono ottenuti esclusivamente grazie alla grande professionalità, alla dedizione, allo spirito di sacrificio degli inquirenti, chiamati a combattere una guerra impari contro le cosche mafiose. Ritengo che il governo debba dedicare attenzione prioritaria alle strutture investigative e giudiziarie calabresi, impegnate nella difficile e delicata azione di contrasto alle più pericolose organizzazioni criminali della regione”.

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