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L’attività investigativa ha documentato l’esistenza in provincia di Torino di nove «locali» di ‘ndrangheta (la struttura organizzativa di base della ‘ndrangheta), di un «crimine», cioè di una struttura territoriale deputata al compimento delle azioni violente nell’interesse di tutti i «locali» insediati in Torino e zone limitrofe, e di una ‘ndrina distaccata, detta «Bastarda» (la ‘ndrina è una cosca, famiglia di appartenenza del mafioso). Inoltre le indagini hanno fatto emergere la figura di un responsabile provinciale e la volontà da parte degli affiliati di istituire in Piemonte, sul modello della «provincia», organo di vertice della ‘ndrangheta reggina, una «camera di controllo» di cui dovevano fare parte gli affiliati in rappresentanza dei tre mandamenti sotto il controllo dei quali si riuniscono ed operano i «locali» di Reggio Calabria e delle aree tirrenica e ionica di quella stessa provincia; e di del «crimine», in grado di coordinare le iniziative criminali delle singole articolazioni che la compongono. I «locali» attivi in Provincia di Torino – seppure dotati di una circoscritta autonomia operativa – sono risultati comunque assoggettati alle decisioni assunte dai vertici della ‘ndrangheta reggina, come confermato anche dalla presenza di referenti calabresi che curavano direttamente i rapporti tra i «locali» del torinese e quelli di origine in Calabria. Le indagini hanno evidenziato la capacità del sodalizio di gestire numerose attività imprenditoriali nel campo dell’edilizia privata sia con l’imposizione di proprie ditte per l’esecuzione dei lavori sia attraverso l’assunzione obbligata di soggetti impiegati per i servizi di «guardiania» in numerosi cantieri edili. Infine si è accertata la volontà del sodalizio di influenzare alcune competizioni elettorali attraverso il voto di scambio.

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