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Il Satiro danzante, custodito nel museo di Mazara del Vallo

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Crocevia di molte culture, passaggio obbligato per tanti popoli, che hanno lasciato le loro testimonianze, quella che è stata definita Magna Grecia, per l’abbondanza di testimonianze che la facevano più ricca della stessa madrepatria, è un tesoro ben nascosto ed ancora conosciuto da pochi. In realtà gli intenditori ed i veri viaggiatori se ne sono accorti da tempo. Johann Wolfgang Von Goethe annota nel suo diario: “da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto, la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine campagne, i castelli, le passeggiate”. Arrivato a Palermo poi definì il Monte Pellegrino, che sovrasta la città, “Il promontorio più bello del mondo”.

La bellezza dei luoghi fa il paio con la ricchezza delle testimonianze. Eppure tra i 10 musei più visitati d’Italia nessuno è a sud della Campania. Non figura tra i primi 10 neanche il museo di Reggio Calabria, che custodisce i Bronzi di Riace, ammirati da milioni di visitatori di tutto il mondo, esposti a Firenze subito dopo il restauro e dimenticati in Calabria o il museo Paolo Orsi di Siracusa, o il museo Abatellis di Palermo, dove è custodito un affresco “Il trionfo della morte” prodromo del Guernica di Picasso.

O la Venere di Morgantina che costata una trattativa infinita per essere restituita dal Paul Getty Museum di Malibu, in California, se ne sta, dopo l’abbuffata di visitatori in America, e la replica quando fu esposta al Quirinale, triste e sola ad Aidone.

Né vi sono file di visitatori che fanno la calca per vedere quel bellissimo giovane marmoreo custodito nel museo di Mozia. O quel Satiro danzante che, esposto a Montecitorio, fece spostare migliaia di visitatori per vederlo, e che ora invece di svegliarsi , come il soldatino dello Schiaccianoci, dorme beato nel museo di Mazara del Vallo, in attesa di qualche principessa che lo faccia svegliare.

D’altra parte é tutto già spiegato dalle difficoltà di movimento, che fanno raggiungere Aidone in molte ore da qualunque città aeroportuale si parta ed anche da un flusso di visitatori limitato che raggiunge Marsala piuttosto che Reggio Calabria, oltre che dalla incapacità del Ministero e delle Amministrazioni Regionali a costruire attorno a simili capolavori eventi che li valorizzino.

Il risultato si racchiude nei numeri: 80 milioni le presenze turistiche in tutto il Mezzogiorno, quante ne ha il solo Veneto. Ed ecco spiegata in parte la solitudine che si prova ad entrare in uno qualunque dei siti citati.

Non file infinite, prenotazioni anticipate di mesi per essere certi di entrare, piuttosto stupore, da parte di chi affronta difficoltà di trasporto notevoli, per come un Paese riesca a tenere nascosti i suoi gioielli più belli.

Per evitare ciò qualcuno ha proposto che invece di disperdere alcuni capolavori , in provincia, si concentrino tali opere nei musei più importanti delle Regioni di appartenenza.

Cosa che potrebbe valere per la Venere di Morgantina o per il Satiro danzante o per il Giovane di Mozia, ma certamente non per i Bronzi di Riace che già sono in una delle più importanti città della regione Calabria.

Il ragionamento mi pare come quello delle cattedrali nel deserto, per cui invece di bonificare il deserto si tolgono le cattedrali. Stesso approccio adotta la proposta di concentrare i beni, che invece rappresentano la cultura dei luoghi ed hanno un senso preciso di stare nella realtà in cui si sono trovati.

D’altra parte poi per alcuni beni culturali come la villa di Taormina ed i mosaici relativi è impensabile che essi possano essere asportati per essere esposti in un museo.

Ed allora la soluzione è proprio quella di bonificare il deserto, quella di fare in modo che le presenze turistiche di una realtà come la Sicilia, oggi uguali a quella della sola piccola Malta, che è riuscita a programmare il settore turistico in modo da farlo diventare un’attività economica interessante per coloro che vi abitano, diventino una impresa vera e passino dal gioco al quale siamo finora abituati a diventare un’industria turistica.

Il settore non è stato mai adeguatamente normato, per cui, contrariamente a quello che è avvenuto in Spagna per esempio, l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area è un fatto assolutamente contenuto e limitato ad alcuni casi sporadici di imprenditori amanti dei nostri territori. Com’è quel caso di Rocco Forte, che si è voluto insediare a Sciacca e Palermo e che già funziona da traino rispetto al turismo isolano.

L’idea di costituire delle Zes turistiche, già proposta da qualche anno, non è stata mai presa in considerazione da un Ministero che si limita ad amministrare le due parti del Paese come se fossero uguali. Mentre in una è necessario pensare al numero chiuso in città come Venezia, Firenze, ma anche Roma e Milano, mentre in altre è necessario costruire un sistema di accoglienza tale da passare, da numeri assolutamente contenuti, ad un sistema di valorizzazione adeguato.

È chiaro che laddove i numeri di visitatori diventano importanti anche i musei costituiscono un elemento trainante per soggiorni colti, ma anche non particolarmente, che trovano nella visita dei musei un momento di conoscenza delle tradizioni e della cultura dei territori.

Ma è un cambio di paradigma quello che ci vuole, quello che prevedrebbe che i grandi eventi non si svolgano tutti in una parte del Paese, che l’Expo invece di essere proposta per Roma o Milano si proponga per Palermo o Napoli, che l’Eurovision song contest invece che a Torino si svolga a Bari, che la TV di Stato invece di promuovere gli eventi solo di Venezia, Verona, Sanremo, Milano spinga anche le tragedie classiche di Siracusa, piuttosto che la Sagra del mandorlo in fiore di Agrigento o la festa della Taranta di Melpignano, o si proponga di rilanciare un Festival della canzone napoletana, inopinatamente fatto morire.

Riuscirà questo Paese a capire che valorizzare anche il turismo ed i beni culturali del Sud significa contribuire alla crescita del reddito complessivo dell’Italia? La speranza è l’ultima morire.


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