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CROTONE – Gallina che canta ha fatto l’uovo, recita un vecchio detto popolare. Ma quella rubata otto anni fa da G. S., un trentottenne di Cirò Marina, dev’essere stata proprio una gallina dalle uova d’oro a giudicare dai tempi necessari per arrivare alla conclusione del processo, ieri mattina, dopo ben 18 udienze, con una dichiarazione di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. Lo ha deciso il giudice del Tribunale di Crotone Barbara Cerminara, il terzo magistrato al cui vaglio, di rinvio in rinvio, è finito il caso di giustizia lumaca o, forse, meglio, di mala giustizia. 

Protagonista dell’incredibile vicenda un giovane che, nel gennaio 2004, scavalcò un recinto – un’aggravante – per rubare una gallina e infilarla in una busta. Il giovane che s’avviava verso casa sua s’imbattè, subito dopo, in una pattuglia dei carabinieri che gli chiese cosa ci fosse in quella busta. E l’imputato ammise di aver rubato una gallina. Notte in camera di sicurezza e, il giorno dopo, convalida dell’arresto davanti al Tribunale di Crotone e scarcerazione in attesa del giudizio. Da allora il giudice è cambiato tre volte, si sono tenute una decina di udienze, sono stati sentiti e risentiti testimoni non avendo, il difensore dell’imputato, l’avvocato Graziella Maietta, prestato consenso all’acquisizione dei verbali. Fino ad arrivare all’udienza di ieri, la diciottesima. Prima che prendesse la parola l’avvocato Maietta, il giudice Cerminara ha rilevato la prescrizione del reato. Il pm Patrizia Campana ha appunto chiesto il proscioglimento ma l’avvocato Maietta, che non ha rinunciato a beneficiare della prescrizione – «altrimenti il processo si sarebbe allungato ancora» – si è soffermato, nella sua arringa, sulla «mala giustizia». «E’ un processo che merita di essere discusso – ha tuonato in aula il legale – perché dimostra come la giustizia sia stata sotterrata. In Italia si può finire in galera per furto aggravato di gallina, perché scavalcare un recinto costituisce un’aggravante, e per furto ordinario di qualche milione di euro, è il caso di qualche politico, si può restare a piede libero». Perché tanto accanimento nei confronti di un giovane reo confesso, che ammise di aver commesso il furto perché aveva fame e perché voleva preparare un brodo di pollo alla madre allettata, malata di tumore? Due mesi dopo, infatti, la madre dell’imputata morì, stroncata da un male incurabile. Addirittura il giorno dopo l’arresto il legittimo proprietario della gallina in aula riferì che l’avrebbe regalata all’imputato. Niente da fare. Per furto aggravato si procede d’ufficio. E ormai era stato innescato un meccanismo giudiziario che passa per le cancellerie, per le notifiche da parte della polizia giudiziaria e la convocazione dei testimoni. 

Quanto è costato, allo Stato, il processo per furto di una gallina? Difficile dirlo, ma per 18 udienze, soltanto all’avvocato difensore, essendo stato l’imputato ammesso a gratuito patrocinio, dovranno essere liquidati almeno qualche migliaio di euro. L’avvocato Maietta, in genere impegnata in vicende giudiziarie scaturite dalla commissione di reati ben più gravi (viene spesso nominata come difensore nei processi di mafia) ha sposato questa causa. «Come si fa a portare in Tribunale un giovane ammanettato per un furto di gallina? – protesta – I carabinieri, pur di fare statistica e passare di grado, annotano anche questo arresto nei loro bilanci. Casi come questi non sono unici. Ho avuto contatti con un mio collega di Bari che difende un ragazzo arrestato per il furto di un ovetto Kinder. E per chi frega i miliardi non c’è manco l’arresto». Ieri mattina il processo è stato anticipato rispetto alla scaletta prevista perché l’avvocato Maietta doveva scappare nel carcere di Catanzaro, dove si trovava ancora detenuto un suo assistito, Nicodemo Anania, fermato nei giorni scorsi per narcotraffico, pur avendo il gip disposto la scarcerazione. «Un giallo anche questo – protesta ancora l’avvocato – c’era l’ordinanza del gip ma la cancelleria non aveva confermato di averla ricevuta, forse perché qualcuno si era dimenticato, essendo domenica. E così l’indagato che doveva essere scarcerato è rimasto dentro un giorno in più». Parola di un operatore del sistema giustizia, che sembra ridotto a un vero e proprio colabrodo (di pollo). 

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