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QUALCHE mese fa era finito nelle cronache per l’accusa – respinta e smentita – di aver portato al premier Berlusconi dall’isola di Santa Lucia i documenti della casa di Montecarlo intestata a Giancarlo Tulliani, il cognato di Gianfranco Fini.
Adesso il nome di Valter Lavitola (in foto), giornalista imprenditore lucano per parte paterna (il padre, Giuseppe, era di Noepoli) spunta nell’inchiesta della Procura di Napoli sulla P4, una presunta associazione segreta.
E’ quanto scrive il Corriere della Sera di domenica.
Secondo i pm Francesco Curcio e Henry John Woodcock, titolari insieme al procuratore aggiunto Francesco Greco, scopo della P4 sarebbe «interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».
Al momento le ipotesi di reato sono associazione per delinquere e violazione del segreto istruttorio.
Valter Lavitola, sentito come teste, sarebbe legato a Enrico La Monica, un maresciallo dei carabinieri in forza alla sezione anticrimine dei carabinieri di Napoli, indagato per violazione della legge Anselmi (quella che vieta la costituzione di società segrete come la Loggia P2), associazione a delinquere e concorso in rivelazione di segreto d’ufficio.
Per il militare, che aspirava ad entrare nei servizi segreti, l’accusa è di far parte di un «sodalizio criminoso, unitamente ad altri esponenti delle istituzioni dello Stato e del “mondo degli affari”, costituito e mantenuto in vita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della giustizia».
Il sospetto è che il maresciallo Enrico La Monica avrebbe rivelato «in più occasioni, notizie coperte da segreto, anche attinte da altri appartenenti alle forze dell’ordine».
Tra le persone perquisite alla ricerca di elementi di prova c’è anche Lavitola editore e direttore del giornale Avanti! che si è impegnato nella ricerca di notizie sulla casa di Montecarlo abitata dal cognato di Gianfranco Fini Tulliani.
Nel decreto di perquisizione a La Monica, Lavitola e altre due persone i pm affermano di aver individuato «un articolato meccanismo illecito riconducibile a taluni soggetti impegnati nella gestione di un sistema preordinato alla acquisizione illegale e alla gestione, per scopi e finalità diversi e lontani da quelli istituzionali, di notizie riservate e secretate inerenti, tra l’altro, anche delicati procedimenti penali in corso».
E’ la descrizione minuziosa di un’attività di “dossieraggio” o diffusione di notizie allo scopo di screditare o delegittimare gli “obiettivi” prescelti, definito dai magistrati “un sistema parallelo”.
Il tutto emergerebbe da una serie di intercettazioni telefoniche portate avanti negli ultimi mesi.
Personaggio chiave dell’inchiesta sarebbe Luigi Bisignani, uomo d’affari legato al sottosegretario Gianni Letta, “autorità delegata” del presidente del Consiglio ai servizi di informazione e sicurezza.
Curcio e Woodcock hanno ascoltato come persona informata sui fatti proprio Letta.
Sono stati sentiti dai pm anche Massimo D’Alema, presidente del Copasir, comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Italo Bocchino, il vicepresidente di Futuro e Libertà e il direttore generale della Rai Mauro Masi.
La lista delle persone che i pubblici ministeri intendono incontrare comprende circa 70 nomi.
Vittorio Sgarbi, sul Giornale di ieri, butta acqua sul fuoco, definendo la P4 solo un bluff, «l’ennesima invenzione di una loggia».
«Si legge di personaggi cui si attribuiscono poteri inesistenti e trame superiori non solo alle loro possibilità ma anche alla loro immaginazione, con il risultato di lusingarne l’inclinazione criminale che non hanno. – scrive Sgarbi – Ecco allora le (letteralmente) incredibili gesta in qualche isola del Pacifico di Walter Lavitola, che io ho conosciuto ragazzino nella redazione dell’Avanti in pieno declino.
Un uomo innocuo che, – conclude Sgarbi – nel quadro di un’accusa della violazione della legge Anselmi sulle società segrete (immagino come si sia gonfiato Lavitola nel leggere l’ipotesi dell’accusa), ha avuto ufficio e abitazione perquisiti, ovviamente, con risultati zero, e soldi nostri spesi, e forze dell’ordine utilizzate per perdere tempo».

Annalisa Torre

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