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POTENZA – Un “buco” sugli 8 milioni di euro nel Vulture Melfese, a cui potrebbero sommarsene altrettanti quando si faranno i conti su Genzano e le altre zone della Basilicata dove di recente sono spuntate le centrali eoliche targate Cedelt spa: l’’azienda «leader del settore» che negli ultimi mesi si è accaparrata tutte le commesse più importanti in regione.

Ma non appena le opere sono state pressoché compiute ha avanzato richiesta di concordato preventivo al Tribunale di Avellino. Lasciando a bocca asciutta decine di imprese subappaltatrici locali, che ora rischiano il tracollo.

Ieri mattina si è svolto il secondo incontro al dipartimento Attività produttive tra queste, la Regione e le ditte committenti interessate, in particolare la Vsb energia ambiente di La Spezia, l’Ewe srl di Torino, e i potentini della Breathe energia in movimento srl. Era presente anche l’assessore Raffaele Liberali, ma chi si aspettava che tirasse fuori dalla tasca la soluzione è rimasto deluso: la speranza di vedere i soldi attesi per lavori e servizi resi sembra già al lumicino.

Le committenti hanno mostrato comprensione e segnali incoraggianti d’apertura, nonostante una certa tensione iniziale causata dalla nota diffusa mercoledì dalla Melfese calcestruzzi e sottoscritta anche da Vultur Security, Calmer coop e Carpenteria artigiana Antonio Tuccella.

Il loro intento era denunciare la situazione e il rischio di chiudere i battenti se il “buco” nei loro bilanci resterà scoperto. E ci sarebbero anche altre imprese locali pronte a sottoscriverla, dato che quelle coinvolte solo nell’area nord della Basilicata sarebbero almeno una decina. Quindici se si aggiungono i vicini pugliesi, che hanno lavorato nel più grande cantiere in Italia ancora aperto di energie rinnovabili.

In totale si parla di spettanze non pagate per 8-10 milioni tra le due regioni, che per qualcuno significa il 40%-50% del fatturato. Dopo un anno che si annunciava “benedetto”, invece rischia di lasciarsi indietro un cratere pieno di macerie, circondato da pale roteanti al vento. Di qui l’ansia e i toni esasperati, considerati gli stipendi da pagare per centinaia di lavoratori.

La Ewe, che ha un cantiere fermo e vorrebbe evitare ritardi dato che il grosso delle opere è stato realizzato, si sarebbe detta disponibile a finanziare direttamente quello che resta. Per il pregresso, però, la proposta sarebbe di persuadere la Cedelt a ritirare la richiesta di concordato preventivo, che non è certo cosa da poco.

Nessuno – insomma – si aspettava un gioco simile da un’azienda arrivata in Basilicata dopo aver aperto e chiuso cantieri dalla Toscana alla Sicilia. E nessuno sembra in grado di dire nemmeno come sia stato possibile.

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