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 Due anni di fuoco per i fornitori della Sata di Melfi. Anche la Regione dovrà fare la sua parte
Fiat, l’indotto teme e attende Da Bersani a Berlusconi il caso Melfi tiene banco nella campagna elettorale IL ministro Passera liquida la questione Fiat in poche parole: «Prima vediamo il progetto, poi facciamo commenti». La convocazione dell’azienda da parte del Governo, chiesta dalla Fiom dopo l’annuncio di due anni di cassa integrazione per ristrutturazione a Melfi, sostenuta dal responsabile Economia e Lavoro del Pd, Stefano Fassina, e ribadita dal leader del partito Pier Luigi Bersani, per ora può attendere. Ma nel frattempo non si attenua lo scontro politico – sindacale sul caso “Sata”. Per i metalmeccanici della Cgil e per la sinistra radicale siamo di fronte a un ridimensionamento occupazionale di cui il Governo dovrebbe occuparsi. E dai microfoni di Radio Articolo1, il segretario confederale, Elena Lattuada, ha ribadito: «Si tratta di un annuncio preoccupante, che non segna novità rispetto a quello che sta accadendo negli stabilimenti Fiat in Italia. Siamo di fronte ad una mancanza di strategia, ma anche ad un scelta di progressivo ridimensionamento della presenza Fiat sul mercato europeo e soprattutto italiano». Ma anche il Pd ritiene che ci siano troppi aspetti degli investimenti annunciati a Melfi per la produzione della 500 X e del mini suv marchio Jeep che andrebbero approfonditi, prima di dare l’ok alla cassa integrazione. Se non questo, almeno il prossimo Esecutivo non potrà prescindere dal mettere il lavoro al centro dell’agenda politica, ha rilanciato ieri l’ex responsabile del settore auto della Fiom Giorgio Airaudo e capolista alla Camera per Sel in Piemonte. La definisce una «vicenda vergognosa», il presidente di Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. Di Fiat ha parlato ieri alla radio anche Silvio Berlusconi: «Il prossimo Governo dovrà vigilare». Per Cisl e Uil quella sollevata da una parte del sindacato e dalla politica è solo una polemica strumentale in piena campagna elettorale. «La dimostrazione di come le elezioni possano alterare la realtà e mettere nel tritacarne di una demagogica propaganda elettorale, delicate e importanti vicende industriali e sindacali da cui dipendono il futuro e la speranza di lavoro per migliaia di lavoratori», ha dichiarato il segretario generale della Fim di Torino, Giuseppe Farina. A caldo il segretario della confederazione lucana, Nino Falotico, aveva posto l’accento sulla necessità di avere precise garanzie su tempi e modalità della ristrutturazione, a partire dalla rotazione della cassa integrazione. «Per quanto ci riguarda – ha dichiarato – la priorità è il rilancio della Sata come hub industriale del gruppo a livello mondiale e il fatto che Fiat decida di mettere soldi propri per un valore di oltre un miliardo di euro è un dato che come sindacato non possiamo non tenere in considerazione». Non «un’apertura di credito incondizionata», precisa Falotico che aggiunge pure: «Vigileremo in quanto firmatari degli accordi affinché gli stessi siano rispettati in modo puntuale». Del resto la posta in ballo è troppo alta. E l’accordo raggiunto in Cina per la commercializzazione del marchio Jeep offre ulteriori garanzie alle prossime produzioni lucane. Ma bisognerà comunque attendere la fine del 2014. E se per i 5.500 operai della Sata ci sarà il paracadute della cassa integrazione per ristrutturazione a rotazione, lo stesso non sarà per i colleghi delle fabbriche dell’indotto. «Certo, siamo preoccupati, ma attendiamo di conoscere i dettagli organizzativi della produzione della Sata per i mesi a venire per orientarci meglio». Dice così Stefania D’Adamo, presidente dei metalmeccanici di Confindustria Basilicata, ma soprattutto amministratore delegato della Htl, una delle principali aziende del parco fornitori di San Nicola, oggi tra quelle maggiormente in difficoltà. «Noi produciamo – spiega – esclusivamente per Sata con una sola linea produttiva. Chiaramente non avremo accesso alla cigs per ristrutturazione e abbiamo quasi finito le settimane di cassa ordinaria a disposizione. Soprattutto non possiamo chiudere una linea così come faranno nello stabilimento Fiat. Abbiamo in mente diverse soluzioni per traghettare la fabbrica verso la piena ripresa produttiva ma Sata ci dovrà prima spiegare come intende organizzare la produzione della Grande Punto. Poi adotteremo la soluzione migliore». Come la Htl la gran parte delle fabbriche dell’indotto producono esclusivamente per Sata e hanno già consumato molte delle ore di cigo autorizzate. Anche per le migliaia di lavoratori delle aziende fornitrici di primo livello i prossimi due anni passeranno attraverso un mix di ammortizzatori sociali. E di strumenti che pure la Regione Basilicata dovrà mettere in campo. Un tema posto ieri anche dalla Cgil nazionale che ha posto la questione alle istituzioni locali e nazionali. «Più volte – si legge in una nota – la Confederazione ha chiesto di affrontare questi nodi e di aprire un confronto senza preclusioni sul futuro dello stabilimento lucano e del suo indotto. Ad oggi, in assenza di una sede appropriata di discussione, restano oscure le intenzioni della Fiat, in particolare sul rapporto tra investimenti previsti e mantenimento dell’intera capacità produttiva». Mariateresa Labanca m.labanca@luedi.it 

 

 IL ministro Passera liquida la questione Fiat in poche parole: «Prima vediamo il progetto, poi facciamo commenti». La convocazione dell’azienda da parte del Governo, chiesta dalla Fiom dopo l’annuncio di due anni di cassa integrazione per ristrutturazione a Melfi, sostenuta dal responsabile Economia e Lavoro del Pd, Stefano Fassina, e ribadita dal leader del partito Pier Luigi Bersani, per ora può attendere. Ma nel frattempo non si attenua lo scontro politico – sindacale sul caso “Sata”. Per i metalmeccanici della Cgil e per la sinistra radicale siamo di fronte a un ridimensionamento occupazionale di cui il Governo dovrebbe occuparsi. E dai microfoni di Radio Articolo1, il segretario confederale, Elena Lattuada, ha ribadito: «Si tratta di un annuncio preoccupante, che non segna novità rispetto a quello che sta accadendo negli stabilimenti Fiat in Italia. Siamo di fronte ad una mancanza di strategia, ma anche ad un scelta di progressivo ridimensionamento della presenza Fiat sul mercato europeo e soprattutto italiano». Ma anche il Pd ritiene che ci siano troppi aspetti degli investimenti annunciati a Melfi per la produzione della 500 X e del mini suv marchio Jeep che andrebbero approfonditi, prima di dare l’ok alla cassa integrazione. Se non questo, almeno il prossimo Esecutivo non potrà prescindere dal mettere il lavoro al centro dell’agenda politica, ha rilanciato ieri l’ex responsabile del settore auto della Fiom Giorgio Airaudo e capolista alla Camera per Sel in Piemonte. La definisce una «vicenda vergognosa», il presidente di Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. Di Fiat ha parlato ieri alla radio anche Silvio Berlusconi: «Il prossimo Governo dovrà vigilare». Per Cisl e Uil quella sollevata da una parte del sindacato e dalla politica è solo una polemica strumentale in piena campagna elettorale. «La dimostrazione di come le elezioni possano alterare la realtà e mettere nel tritacarne di una demagogica propaganda elettorale, delicate e importanti vicende industriali e sindacali da cui dipendono il futuro e la speranza di lavoro per migliaia di lavoratori», ha dichiarato il segretario generale della Fim di Torino, Giuseppe Farina. A caldo il segretario della confederazione lucana, Nino Falotico, aveva posto l’accento sulla necessità di avere precise garanzie su tempi e modalità della ristrutturazione, a partire dalla rotazione della cassa integrazione. «Per quanto ci riguarda – ha dichiarato – la priorità è il rilancio della Sata come hub industriale del gruppo a livello mondiale e il fatto che Fiat decida di mettere soldi propri per un valore di oltre un miliardo di euro è un dato che come sindacato non possiamo non tenere in considerazione». Non «un’apertura di credito incondizionata», precisa Falotico che aggiunge pure: «Vigileremo in quanto firmatari degli accordi affinché gli stessi siano rispettati in modo puntuale». Del resto la posta in ballo è troppo alta. E l’accordo raggiunto in Cina per la commercializzazione del marchio Jeep offre ulteriori garanzie alle prossime produzioni lucane. Ma bisognerà comunque attendere la fine del 2014. E se per i 5.500 operai della Sata ci sarà il paracadute della cassa integrazione per ristrutturazione a rotazione, lo stesso non sarà per i colleghi delle fabbriche dell’indotto. «Certo, siamo preoccupati, ma attendiamo di conoscere i dettagli organizzativi della produzione della Sata per i mesi a venire per orientarci meglio». Dice così Stefania D’Adamo, presidente dei metalmeccanici di Confindustria Basilicata, ma soprattutto amministratore delegato della Htl, una delle principali aziende del parco fornitori di San Nicola, oggi tra quelle maggiormente in difficoltà. «Noi produciamo – spiega – esclusivamente per Sata con una sola linea produttiva. Chiaramente non avremo accesso alla cigs per ristrutturazione e abbiamo quasi finito le settimane di cassa ordinaria a disposizione. Soprattutto non possiamo chiudere una linea così come faranno nello stabilimento Fiat. Abbiamo in mente diverse soluzioni per traghettare la fabbrica verso la piena ripresa produttiva ma Sata ci dovrà prima spiegare come intende organizzare la produzione della Grande Punto. Poi adotteremo la soluzione migliore». Come la Htl la gran parte delle fabbriche dell’indotto producono esclusivamente per Sata e hanno già consumato molte delle ore di cigo autorizzate. Anche per le migliaia di lavoratori delle aziende fornitrici di primo livello i prossimi due anni passeranno attraverso un mix di ammortizzatori sociali. E di strumenti che pure la Regione Basilicata dovrà mettere in campo. Un tema posto ieri anche dalla Cgil nazionale che ha posto la questione alle istituzioni locali e nazionali. «Più volte – si legge in una nota – la Confederazione ha chiesto di affrontare questi nodi e di aprire un confronto senza preclusioni sul futuro dello stabilimento lucano e del suo indotto. Ad oggi, in assenza di una sede appropriata di discussione, restano oscure le intenzioni della Fiat, in particolare sul rapporto tra investimenti previsti e mantenimento dell’intera capacità produttiva».

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