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No, non sarà una vittoria. Se le informazioni di fonti qualificate sono attendibili – e cioè se nei prossimi giorni alcune persone saranno iscritte nel registro degli indagati per la morte di Regianae Souza Martins, la giovane brasiliana deceduta in ospedale a Melfi nel 2013 subito dopo il parto – non sarà una vittoria per il vedovo Giuseppe Errichiello.

Non c’è nulla da vincere, nulla da festeggiare, se in poche ore la tua vita è stata stravolta, per sempre, da una tragedia del genere.

Non sarà una vittoria, ma almeno sarà un tentativo di fare giustizia. Cioè, di capire cosa sia accaduto, se ci siano stati errori dovuti a colpa o a dolo, a chi siano attribuibili fra tutti i soggetti coinvolti, cosa sia rimasto di quella vicenda nelle carte dell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Melfi.

Di certo si sa che, intorno a metà ottobre, il sostituto procuratore della Repubblica Renato Arminio ha ascoltato Errichiello per più di due ore. Proprio come lo stesso Errichiello chiedeva da oltre un anno, da quel 3 settembre. E a gridare a gran voce l’esigenza di proseguire nell’accertamento della verità era anche l’esito della perizia redatta dal consulente tecnico del tribunale, l’anatomopatologo Luigi Strada, secondo cui c’era stata una condotta “imprudente” nella gestione del caso di Regianae.

Si tratta ovviamente di ipotesi che vanno tutte accertate e dimostrate in un eventuale procedimento giudiziario, la cui apertura verrà decisa nell’udienza preliminare che dovrebbe essere fissata entro breve.

Giuseppe Errichiello, che vive a Lavello, non vuole dire alcunché fino a quando non avrà notizie più precise. Idem per il suo legale di fiducia, l’avvocato Fabio Di Ciommo, che commenta: “Ci aspettiamo importanti novità a breve, questo è certo, ma in questa fase non posso proprio dire di più, sia per rispetto del lavoro che sta conducendo la Procura che della esigenza di riservatezza della famiglia Errichiello, già terribilmente provata dalla tragedia”.

La morte della donna era stata preceduta da un calvario di viaggi Lavello-Melfi per le condizioni di salute della donna, che accusava aumento della pressione e altri disturbi, ma veniva rimandata ogni volta a casa, anche quando il marito cercava di insistere perché rimanesse a effettuare ulteriori accertamenti. Nel frattempo la bimba che le cresceva in grembo mostrava evidenti segni di sofferenza.

Quando alla fine viene ricoverata per il parto – il marito assente perché tornato a prendere la suocera – comincia l’agonia che la porterà alla morte, tra somministrazioni di farmaci a cui era allergica, procedure svolte in una sala impropria e via dicendo.

Il marito farà la spola, per l’intera giornata, fra la Rianimazione in cui Regianae combatte con la morte e Neonatologia nella quale la bimba, appena nata, affrontava – un ago nella testolina – già i problemi legati al drammatico parto.

La sera, alle 23, Giuseppe Errichiello si ritroverà vedovo e con una bimba in gravi condizioni, le cui conseguenze sono evidenti ancora oggi. La piccola ha oggi 14 mesi e, per starle accanto, il padre ha perso anche il suo lavoro di pizzaiolo e oggi, disoccupato, vive grazie all’aiuto dei suoi genitori. L’altra figlia della moglie, avuta da una precedente relazione ma considerata a tutti gli effetti una figlia da Errichiello, è in Brasile dalla nonna. Ed è in Brasile che Enrichiello spera di poter tornare, al termine di questa lunga e travagliata vicenda giudiziaria, portando con sé la bambina e le spoglie della moglie, ora seppellita a Lavello. Lei, la povera Regianae, che davvero non si aspettava di morire a soli 26 anni, avrebbe voluto così, spiega il marito.

Chiunque abbia avuto a cuore la vicenda di Regianae – e sono in tanti, come dimostra l’affollata manifestazione in sua memoria svoltasi il 3 settembre scorso – attende da tempo che la giustizia si ricordi del suo caso. Potrebbe capitare a breve.

a.giacummo@luedi.it

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