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Le famiglie delle persone scomparse sono «sole e impotenti», e si trovano ad
affrontare indagini «svolte in modo inadeguato, confusionario e spesso
parallelo tra le diverse forze dell’ordine, che non si scambiano tra di loro
le informazioni»: a questo si aggiunge la ‘vergogna’» per la mancanza di una
normativa nazionale, con proposte di legge «dimenticate e ridotte a inutili
enunciazioni di principi, che per fortuna sono state ritirate».

L’accusa è stata lanciata dalle vicepresidenti dell’associazione Penelope, Natalina Orlandi e Annalisa Loconsole, e dal fondatore dell’associazione, Gildo
Claps (in foto), oggi a Potenza, nel corso della presentazione di una legge regionale
per il sostegno alle famiglie dei minori scomparsi. I tre, in particolare, hanno ricordato che nel 2002 l’associazione ha presentato una proposta di legge, «che nelle diverse legislature si è di volta in volta assottigliata ­ hanno spiegato ­ fino a diventare un inutile articolo in questa, e per fortuna è stata ritirata. I componenti della commissione Affari costituzionali del Senato ci hanno convocato ­ ha detto Loconsole ­ per capire il nostro punto di vista, e speriamo sia la volta buona». Alla mancanza di una normativa nazionale si aggiunge «l’ approssimazione» che regna in Italia sulle ricerche delle persone scomparse, ha detto Claps, evidenziando che «su questo argomento il Paese è all’anno zero»: basti pensare, secondo i tre rappresentanti di Penelope, che non si ha diritto ai
permessi lavorativi per partecipare alle ricerche dei familiari scomparsi, o
al fatto che al Sud «le forze dell¹ordine non hanno a disposizione cani per l¹individuazione dei cadaveri»: più in generale, hanno concluso, «c’è una certa resistenza a livello nazionale, che parte dai vertici, poichè si tratta di un fenomeno di cui non si vogliono occupare, e con i recenti casi di cronaca si sono viste le brutte figure che hanno fatto».

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