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MICHELE SOMMA (CONFINDUSTRIA)

«Abbiamo il dovere di sostenere e non ostacolare un’attività alla quale è legato il futuro della nostra regione. Il bilancio regionale è passato dagli ottocento milioni del 2007 ai cinquecentodiciotto del 2013. Per avere una maggiore ricaduta economica dalle estrazioni non è utile la richiesta talvolta velleitaria di aumentare le royalty. Significherebbe aumentare proporzionalmente il costo delle estrazioni di idrocarburi.  Bisogna  partire dalla grande novità del memorandum. Cioè dal riconoscimento da parte dello Stato di una  quota di fiscalità pagata dalle compagnie  a favore della  Basilicata. Bisogna anticipare gli effetti del  decreto anche agli incrementi di produzione futura già autorizzati ed eventualmente allungare il termine di dieci anni, raddoppiandolo. O ancora eliminare il tetto imposto. Insomma su questo bisogna lavorare, non sull’aumento delle royalty.  Il  nostro interlocutore è lo Stato».

VINCENZO SANTOCHIRICO (PD)

«Serve una terapia shock, per rispondere all’emergenza sociale, ma anche per riconquistare un accettabile livello di condivisione e di fiducia democratica. Il lavoro è lo snodo essenziale. Dal petrolio deve venire una risposta nuova e solida. Due sono le strade da percorrere con risolutezza e tenacia. Le compagnie petrolifere che estraggono o estrarranno in Basilicata devono investire in questa  regione, qui ed ora, per realizzare e sviluppare loro attività diverse da quelle estrattive, collegate o meno ad esse non rileva, per generare una consistente e diversificata  domanda di lavoro, in grado di creare, nell’arco di un biennio, 2-3mila posti di lavoro. Attività manifatturiere, servizi,  ricerca sono settori nei quali le compagnie già operano, che possono e devono dislocare in Basilicata. In secondo luogo, le compagnie devono finanziare per dieci anni due progetti straordinari della regione nel  campo ambientale e in quello dei beni culturali».

VITTORIO PRINZI (IDV)

«L’operazione di dismissioni di quote azionarie dello Stato dall’Eni non è nuova. Già a settembre 2012 il governo Monti tentò la stessa strada- una quota, sia pure simbolica deve essere ceduta gratuitamente dal Ministero all’Economia attraverso la Cdp, che comunque assicuri la partecipazione della Regione all’assemblea dei soci. Ciò consentirebbe di esercitare un ruolo di informazione diretta e di verifica dell’attività estrattiva Eni in Basilicata e rafforzerebbe realmente il controllo pubblico sull’estrazione e sulla produzione di greggio. Sarebbe dunque un’occasione per rafforzare tra le comunità locali che vivono in Val d’Agri quel sentimento di “beneficio” che, come è noto, è ancora lontano da trasformarsi in atti concreti. Non capisco perché fondi sovrani del Kuwait, Abu Dhabi e del Qatar possano acquistare azioni della società petrolifera italiana e non ci possa esistere un pacchetto azionario tutto lucano intestato in proprietà al Governatore e ad alcuni sindaci facente funzioni».

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