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PRIMA la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della moratoria a nuove estrazioni in regione, poi il decreto attuativo dell’articolo 16 del Dl liberalizzazioni che ha tradotto le altissime aspettative del Memorandum in poche briciole e ora, da ultimo, in ordine temporale, lo “scippo” della copertura finanziaria per la card idrocarburi. Ce n’è abbastanza per concludere che nella gestione della “pratica” petrolio la Basilicata  continua a perdere. Un approccio evidentemente fallimentare che fino a questo momento non ha saputo concretizzare i risultati sperati. Una regione del Mezzogiorno, per di più dai piccoli numeri, che non riesce a contare sui tavoli romani dove si continua a decidere a scapito dei lucani. In parte anche a causa di una classe politica evidentemente, e soprattutto negli ultimi tempi, “distratta” da ben altre dinamiche. 
Ma anche per un colpa di Governo centrale che continua a sbeffeggiare le ragioni delle popolazioni che da quindici anni convivono con le attività estrattive. Chiaro che neanche Enrico Letta, il premier considerato “amico” della Basilicata, unito da un attimo rapporto personale con l’ex presidente Vito De Filippo, consacrato anche con una partita di calcio giocata sul Pollino durante una visita del Primo ministro in regione, non ha portato quei benefici che si aspettava e decantati al suo insediamento.
Si parta dalla strategia energetica nazionale. Il cambio di guardia a Palazzo Chigi tra il tecnico Monti e il politico Letta che porta su di sè la responsabilità del governo delle larghe intese non ha prodotto significativi vantaggi per la Basilicata. 
Il ministro Zanonato, a dispetto delle dichiarazioni di disponibilità a rivedere la partita del petrolio pronunciate recentemente dalla festa della Cgil lucana, almeno nei fatti, non si discosta di molto dagli indirizzi già delineati dal suo predecessore Passera. Se Roma non ascolta la Basilicata, la Basilicata fa troppo poco per farsi ascoltare da Roma. E questa lunga fase di vuoto politico determinato dalla fine anticipata della legislatura  ha reso ancora più vulnerabile un territorio che in pochi mesi rischia di perdere due match fondamentali della sua più importante partita: lo svuotamento del Memorandum e lo scippo dei fondi destinati al bonus benzina, appunto. 
Ai rappresentanti politici lucani non rimangono che le lettere. Quelle di sfogo e doglianze partite da viale Verrastro e indirizzate agli uffici romani: prima quella di De Filippo a Letta e Zanonato per bocciare il decreto attuativo dell’articolo 16, seguita a qualche mese di distanza da quella indirizzata ai parlamentari lucani che si sono fatti passare sotto al naso la norma inserita nel disegno di legge Stabilità senza neanche accorgersene (a eccezione di Latronico); e ancora quella del neo presidente Pittella a il primo ministro. Tutte scritte a giochi già fatti, quindi con capacità di incidere sulle scelte finali sicuramente ridotta.  Nel frattempo il ritardato insediamento ufficiale non facilita le cose al neo governatore, che a questo punto proprio nella questione petrolio dovrà investire, o almeno provare a farlo, tutte le sue energie. 
marlab
m.labanca@luedi.it

PRIMA la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della moratoria a nuove estrazioni in regione, poi il decreto attuativo dell’articolo 16 del Dl liberalizzazioni che ha tradotto le altissime aspettative del Memorandum in poche briciole e ora, da ultimo, in ordine temporale, lo “scippo” della copertura finanziaria per la card idrocarburi. Ce n’è abbastanza per concludere che nella gestione della “pratica” petrolio la Basilicata  continua a perdere. 

Un approccio evidentemente fallimentare che fino a questo momento non ha saputo concretizzare i risultati sperati. Una regione del Mezzogiorno, per di più dai piccoli numeri, che non riesce a contare sui tavoli romani dove si continua a decidere a scapito dei lucani. In parte anche a causa di una classe politica evidentemente, e soprattutto negli ultimi tempi, “distratta” da ben altre dinamiche. 

Ma anche per un colpa di Governo centrale che continua a sbeffeggiare le ragioni delle popolazioni che da quindici anni convivono con le attività estrattive. 

Chiaro che neanche Enrico Letta, il premier considerato “amico” della Basilicata, unito da un attimo rapporto personale con l’ex presidente Vito De Filippo, consacrato anche con una partita di calcio giocata sul Pollino durante una visita del Primo ministro in regione, non ha portato quei benefici che si aspettava e decantati al suo insediamento.Si parta dalla strategia energetica nazionale.

 Il cambio di guardia a Palazzo Chigi tra il tecnico Monti e il politico Letta che porta su di sè la responsabilità del governo delle larghe intese non ha prodotto significativi vantaggi per la Basilicata. Il ministro Zanonato, a dispetto delle dichiarazioni di disponibilità a rivedere la partita del petrolio pronunciate recentemente dalla festa della Cgil lucana, almeno nei fatti, non si discosta di molto dagli indirizzi già delineati dal suo predecessore Passera. Se Roma non ascolta la Basilicata, la Basilicata fa troppo poco per farsi ascoltare da Roma. 

E questa lunga fase di vuoto politico determinato dalla fine anticipata della legislatura  ha reso ancora più vulnerabile un territorio che in pochi mesi rischia di perdere due match fondamentali della sua più importante partita: lo svuotamento del Memorandum e lo scippo dei fondi destinati al bonus benzina, appunto.

 Ai rappresentanti politici lucani non rimangono che le lettere. Quelle di sfogo e doglianze partite da viale Verrastro e indirizzate agli uffici romani: prima quella di De Filippo a Letta e Zanonato per bocciare il decreto attuativo dell’articolo 16, seguita a qualche mese di distanza da quella indirizzata ai parlamentari lucani che si sono fatti passare sotto al naso la norma inserita nel disegno di legge Stabilità senza neanche accorgersene (a eccezione di Latronico); e ancora quella del neo presidente Pittella a il primo ministro. 

Tutte scritte a giochi già fatti, quindi con capacità di incidere sulle scelte finali sicuramente ridotta.  Nel frattempo il ritardato insediamento ufficiale non facilita le cose al neo governatore, che a questo punto proprio nella questione petrolio dovrà investire, o almeno provare a farlo, tutte le sue energie. 

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