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di LUCIA SERINO
Parte con un doppio vantaggio: non è un eletto, e dunque non ha il problema del condizionamento del consenso, e non è un medico e dunque non è portatore di interessi. Detta così sembra semplice. La contraddizione più macroscopica l’ assessore Attilio Martorano (in foto) l’anticipa subito e l’ affronta. Nel piano sanitario, così com’è stato licenziato dalla giunta regionale alla fine dello scorso anno, probabilmente qualcuno aspettava di leggere scelte drastiche e immediatamente rigorose, del resto così lasciavano presumere i primi atti del mandato dell’assessore (blocco delle assunzioni, indennità dei medici…). «Invece la nostra scelta strategica è stata e vuole essere diversa. Dire 17 ospedali sono troppi per una regione come la Basilicata e iniziare a tagliare senza un progetto in una logica di mero risparmio per dare l’idea di accelerare su una strada del rigore sarebbe stato, paradossalmente, più semplice». Quali sono, invece, i principi ispiratori delle scelte di politica sanitaria in discussione, Martorano spiega con grande ambizione.
E’ appena finita la giunta regionale. Un provvedimento preso in piena condivisione con il governatore De Filippo stabilisce il blocco delle nomine e degli accreditamenti in convenzione fino all’approvazione in Consiglio del piano sanitario. Tutto fermo, dunque. Salvo deroghe assolutamente necessarie che comunque, anche su richiesta dei direttori generali, dovranno essere autorizzate dal governo regionale. Potrebbe sembrare una risposta al mercato che viene fuori anche dagli atti dell’ inchiesta sul San Carlo. O, peggio, un’ulteriore intromissione su scelte di gestione che non attengono alla politica. In realtà non è così, perché la decisione era in itinere già prima che scoppiasse il casus belli. E’piuttosto una risposta a chi accusava Martorano e la maggioranza di cui è espressione di giocare su due tavoli: l’adozione in prospettiva del piano regionale e scelte intermedie che poi potevano essere messe in discussione. Martorano su questo è categorico e lo spiegherà nel corso di questa conversazione. Il dibattito politico recente, sul fronte della politica sanitaria denuncia, proprio rispetto al piano che è stato approvato dalla Giunta, una specie di volontà occulta e occultata. Come se ci fosse un retropensiero, un piano B diverso da quello apparente.
Martorano fa della trasparenza un punto irrinunciabile: «Il piano sanitario che abbiamo licenziato non è un prendere o lasciare, accetto che mi si dica che sia lacunoso, che vada emendato, migliorato, ma non che ne abbia un altro, quello vero, nel cassetto. Anzi, che sia emendabile e che vada, come dire, riempito di contenuti condivisi dal Consiglio non solo è auspicabile ma persino necessario. Finora abbiamo definito una strategia, una strada, il piano che avevamo risale al 1997 e tutto sommato, ha retto al tempo. Il lavoro svolto finora è già frutto di un ampio confronto che è passato attraverso gli stati generali, 1500 persone coinvolte. Questo piano non è un documento chiuso, non ci sono blindature, non ci sono pregiudiziali, ma alcuni principi nei quali credo fortemente sì».
Andiamo per ordine, assessore, e per attualità di cronaca. Partiamo dall’inchiesta sul San Carlo. Qualcuno ha notato, ad esempio, la tempestività con la quale siete intervenuti anche con scelte drastiche, per la vicenda di Policoro, quando una donna morì di parto. In questi giorni silenzio, non una parola.
«Credo che le situazioni siano diverse. Ma non cerco scorciatoie né frasi di circostanza tipo: non entro nel merito di un’indagine giudiziaria. Riconosco, invece, con grande preoccupazione un aspetto che mi interessa direttamente per il lavoro che sono stato chiamato a svolgere, cioè l’effetto in termini di immagine di un sistema sanitario e di fiducia che un’inchiesta di questo tipo restituisce al cittadino. Chi può -e sottololineo chi può – è spinto a farsi curare altrove, chi non può affronta comunque il servizio con mille perplessità e paure. Potrei dire che ho conosciuto in questi mesi un sistema che è largamente migliore in termini di prestazione, di qualità dei professionisti, ma una vicenda del genere indubbiamente ci fa arretrare, per un passo avanti che ogni giorno cerchiamo di fare, altri rischiamo di averne fatti all’indietro, e poi si fa fatica a recuperare»
Un problema di controllo della più grande azienda sanitaria della Basilicata quest’inchiesta la pone
«Indubbiamente e non ho difficoltà ad ammettere che bisogna elevare il livello di controllo, ma il compito della politica regionale è quello di programmare, non di gestire, abbiamo davanti a noi la grande sfida della sostenibilità unita alla crescita degli standard. Non dobbiamo solo salvare il salvabile ma dobbiamo trovare un nuovo equilibrio all’interno di questo sistema, accrescerne il livello, e anche garantire la tenuta dei conti»
In pratica lei dice che il livello strutturale bisogna mantenerlo, che bisogna qualificarlo e anche risparmiare: ambizioso
«Guardiamo alla Basilicata e al suo territorio: partiamo dai famosi 17 ospedali, se lasciamo che siano delle fotocopie, se li lasciamo così come sono oggi allora sì che la scelta sarebbe irrazionale e perdente. Invece se noi, garantendo una missione di base per i bisogni delle comunità alle quali queste strutture si rivolgono, puntiamo a una qualificazione e a una missione specialistica (a parte i due più grandi ospedali e le quattro sedi di pronto soccorso attivo, nrd) allora sì che potremmo dire di affrontare un progetto che non solo può consentirci di risparmiare ma anche di accreditarci come modello di riferimento per attrarre pazienti dall’esterno. Penso all’esperienza di Chiaromonte, ad esempio»
Sì ma proprio il territorio della Basilicata pone dei problemi: se noi specializziamo gli ospedali e poi c’è un’emergenza il cittadino di Potenza, solo perché di Potenza, sarà più fortunato di uno al quale è toccato di nascere ad Aliano
«Questo può essere vero se non cosideriamo un punto al quale tengo molto, c’è bisogno di relazioni funzionali tra strutture ed operatori. Se noi utilizziamol’ambulanza del 118 come mero mezzo di trasporto allora lei ha ragione, se invece qualifichiamo quell’ambulanza per un primo intervento sul territorio allora probabilmente avremo risolto una disparità sociale e raggiunto anche un obiettivo di efficienza»
Assessore Martorano, la migrazione sanitaria cresce, il riparto del fondo nazionale diminuisce, le sue ambizioni…
«La questione del riparto nazionale attiene immediatamente alle questioni del federalismo. Se noi continuiamo ad essere considerati un quartiere di Napoli per il numero di abitanti che abbiamo allora probabilmente basterebbe la gestione di un solo ospedale. Noi abbiamo un costo di struttura, questa è veramente una questione fondamentale. Come abitanti saremmo anche un quartiere di Napoli ma come territorio no. E anzi i costi standard, proprio per il tipo di territorio e il numero di abitanti, sono ovviamente più alti. Fare una tac in Basilicata non ha lo stesso costo che a Napoli. Questo ragionamento va azzerato. E’ inimmaginabile che se perdiamo 1700 abitanti perdiamo in proporzione anche una quota del fondo che è la prima voce dei nostri ricavi. Non può essere aritmetico il calcolo. Quali siano i bisogni di una regione come la Basilicata sarà impegno della politica del governatore De Filippo anche in sede di conferenza di presidenti. Così come la battaglia sull’indice di deprivazione.
Cioè?
«E’ la questione della povertà. Attiene a tutto il Sud ma io dico non solo. E’ provato che una condizione di povertà fa aumentare il costo sanitario per una serie di ragioni. Vogliamo tener conto anche di questo? Vogliamo farci carico di questo principio di equità sociale o vogliamo dare ragione a Zaia? »
Nel frattempo, assessore, in attesa del piano sanitario c’è la gestione della spesa ordinaria, i famosi conti, il famoso deficit, soprattutto Matera
«Sì, c’è la gestione ordinaria, e dei conti sono preoccupato. Il rigore significa saper distinguere tra legittimi interessi e interessi di parte. Su questo tavolo ci giochiamo molto, moltissimo. Anzi, pensando alla metafora dell’asticella di Speranza, io penso che il banco di prova sia proprio questo della sanità»

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