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di PARIDE LEPORACENICOLA Piccenna (in foto) mi scrive 292196una lettera aperta sul dibattito scaturito dalla290771 mia intervista a Di Consoli. Di questo lo ringrazio e ne ospito le tesi come già avvenuto in passato. Mi permetto di riflettere che Piccenna resta fermo al passato. Ancorato ad un nozionismo giuridico – emergenziale di cui lui è stato maestro e anche principale mossiere e animatore.
Nel rileggere sempre gli stessi nomi, le stesse questioni (quando arrivai in Basilicata la vicenda Panio sembrava il processo Sifar), il complottismo e le anime nere confesso di aver osservato sull’intervento di Nicola uno spesso strato di polvere su questioni che così riproposte non aggiungono nulla e cambiano poco dello stato presente delle cose. In tutta franchezza mi sembra questo un gioco dell’oca delle anime morte.
M’interessa capire Toghe lucane su quello che manca non su quello che lo ha affollato con confusione. Poi sai, Nicola, non stiamo analizzando il processo di Norimberga, ma delle vicende che hanno visto molti uomini delle istituzioni combattersi in una guerra civile e giudiziaria che ha ingannato molti lucani. Rimane un gioco delle parti dove alcuni hanno avuto un ruolo in diversi schieramenti e che come spesso capita in Italia hanno anche cambiato maglietta.
Mi permetto di dirti che noi stiamo tentando altro. Guardiamo all’oggi. Creando un nuovo linguaggio diverso e collettivo. Stiamo cercando di allargare la sfera pubblica senza alzare cappi metaforici vendicativi.
Cerchiamo di far prendere parole alle giovani generazioni contaminandoci con nuovi mezzi di comunicazione. Quando diversi amici mi raccontano che in piazza a Rionero o in un bar di Missanello ci si accapiglia sulle dichiarazioni pro e contro Di Consoli, è per noi una grande soddisfazione aver raggiunto questo dialogo da Bar sport. La mia e la nostra non e’ una guerra santa.
Si tratta soltanto di una battaglia delle idee che cerca di capire i meccanismi del consenso e tenta di cambiarli. L’ultimo intervento per esempio di Paolo Albano in risposta alle staffilate di Di Consoli apre una discussione sulla Chiesa lucana come non l’ho mai letta nella cattolicissima Basilicata.
E considerato che si evoca anche da quelle parti il caso Claps, ne traggo spunto, per chiedere al clero basso e alto evocato da Paolo, una risposta chiara sulla riapertura della Trinità di Potenza. Constato che tu, pur essendo cattolico praticante, non ti appassioni al tema. Caro Nicola, so che sei alle prese con la rinascita di un tuo nuovo giornale. Apprezzo la testardaggine e la determinazione. Ma vedo nel tuo operato quel soldato giapponese, che pur sapendo che la guerra era finita, restava nella jungla aspettando l’ordine di ritirata da Hiroito. Io penso che dalle tue capacità la Basilicata pretenda altro. Quella guerra è ormai finita.
Con sincera cordialità.

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