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POTENZA – Due anni fa volevano rapirlo per estorcergli il bottino nascosto della maxi-frode da 2 miliardi Telecom Sparkle- Fastweb: 3 rioneresi vicini al clan melfitano dei Cassotta, «Piero della banda della Magliana», 2 «finanzieri» corrotti e Roberto Macori, un altro della “banda” di Gennaro Mokbel. Due anni dopo si sono presentati in 3 a casa della cugina, spacciandosi sempre per «finanzieri», ma non gli hanno lasciato scampo.

C’è una pista “lucana” dietro l’omicidio di Silvio Fanella, 41enne freddato con un colpo di calibro 7 alla Camilluccia, un quartiere borghese della capitale.

Solo un mese fa il Quotidiano della Basilicata si era occupato di lui svelando quanto emerso da un’inchiesta dei carabinieri del Reparto operativo di Potenza che ad agosto del 2012 avrebbero “sventato” un rapimento per cui erano stati assoldati Giovanni Plastino, Aniello Barbetta e Roman Mecca.

Negli atti della Dda di Potenza Fanella non veniva identificato, ma confrontando l’indirizzo segnalato dal Gps piazzato nella Bmw di Barbetta con quelli di residenza dei 56 indagati dell’operazione Phuncards-Broker era apparso evidente che stazionassero proprio sotto casa dell’uomo deputato a gestire la contabilità finanziaria della presunta organizzazione criminale di Mokbel.

Nelle intercettazioni registrate dalle cimici nell’auto si parla in maniera esplicita del progetto di rapirlo “coperti” da due finanzieri con tanto di distintivo, che avrebbero dovuto bloccare il traffico fingendo un’operazione di polizia per permettere agli altri di caricarlo sul sedile posteriore.

Poi avrebbero dovuto portarlo nella campagne attorno alla capitale, e picchiarlo fino a fargli confessare il nascondiglio di «questa decina di milioni di euro e più», che avrebbe sottratto a un «Roberto», identificato dai carabinieri in Roberto Macori. E forse non soltanto a lui.

Anche Macori era stato arrestato nel 2010 assieme a Fanella, un colonnello della Guardia di finanza e al capo della “banda”: Gennaro Mokbel, imprenditore con un passato nell’estrema destra, legato a numerose inchieste e ritenuto proprio la mente del raggiro della truffa a Fastweb.

Gli investigatori potentini hanno registrato la voce di Macori, considerato «l’ideatore» del piano, e diversi contatti telefonici tra lui e Plastino, che avrebbe conosciuto tempo prima nel carcere di Frosinone. Oltre a quella di un «Piero» o «Giampiero» che in passato avrebbe fatto parte «della banda della Magliana», e stava lì con loro per rapire Fanella. O ancora la preoccupazione di non riuscire a portare a termine un colpo che faceva gola anche «ai napoletani», e che i «finanzieri» erano pronti a fare da soli vista la posta che c’era sul tavolo: un “contratto” da «due-trecentomila euro». 

Poi quando tutto è andato a monte e i tre lucani sono tornati in Basilicata i carabinieri hanno sentito Barbetta che parlava del «pezzo importante» incontrato a Roma: «Questo è andato sopra il giornale due anni fa!» Sono le parole trasmesse dalle cimici nella sua auto. «Pensa che i cristiani ne parlavano ancora tuttora mò! Quando siamo andati nel ristorante… i cristiani stavano agli altri tavoli poi lo sono venuti a salutare! Delle persone che si vedevano che erano dei pezzi buoni… della catena alimentare! Dicevano: “Però quello che hai fatto tu due anni fa l’hai fatta proprio grande. Hai veramente…” Il capo a tutta Roma per quanti soldi… chi lo sa quanti soldi hanno truffato!»

Più avanti Barbetta spiega che all’inizio lui non lo conosceva nemmeno: «Ma non lo sapevo manco io a questo qua! Alla fine si è fatto vedere questo qua che siamo andati a mangiare tutt’insieme a ristorante (…) perché ci hanno presentati all’inizio (…) ci siamo presentati tutti quanti all’inizio in garage».

Quanto all’obiettivo della loro missione, invece, il 24enne di Rionero riferisce quello che avrebbe sentito con le sue orecchie: «Ha detto: “Io non ci perdo niente – ha detto –  dargli mille euro a uno e farlo sparare a questo! (…)  E’ che a me mi serve vivo…  questo qua. Perché mi devo prendere questi soldi qua! Sennò non ci perdevo niente – ha detto – con mille euro me li levo di salute».

Ieri in serata è stato fermato in ospedale Giovanni Battista Ceniti, ex militante di Casapound, accusato dalla Dda di Roma di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e ferito gravemente, probabilmente dalla stessa vittima e forse dalla stessa arma uno dei killer del commando.

Silvio Fanella aveva l’obbligo di dimora nella capitale e avrebbe aperto ai suoi assassini che si sono finti militari della Guardia di finanza: non appena ha capito le loro intenzioni, ha fatto allontanare la cugina e i due figli minorenni di lei. Testimoni hanno raccontato di una lite, urla e una sequenza di almeno tre, quattro colpi di pistola. Altri inquilini hanno detto di aver visto scappare due uomini armati a bordo di un’auto, trovata dopo alcune ore. La macchina, una Croma di colore grigio risultata rubata, ora è al setaccio dagli agenti della scientifica, alla ricerca anche del più piccolo dettaglio che possa ricondurre al gruppo di fuoco. Fermo restando che, appena sarà possibile, la polizia dovrà interrogare Giovanni Battista Ceniti, operato d’urgenza al Policlinico Gemelli e ora in prognosi riservata.

l.amato@luedi.it

 

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