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È presto per fare valutazioni sulla mossa del cavallo fatta dal governatore Pittella, allorchè ha composto la giunta regionale, ricorrendo a 4 tecnici e per giunta esterni alla Basilicata. Le prime impressioni sul loro operato non sono molto esaltanti, ci si augura di essere smentiti, ma proprio in questa prospettiva è bene affacciare qualche considerazione che possa essere utile per fugare i dubbi che,  per le modalità  con cui si sono fatte le nomine in questione ed i primi passi compiuti dagli assessori , incominciano a circolare nell’opinione pubblica lucana.

In primo luogo, una vicenda apparentemente banale: si dice che gli assessori si muovano in una logica di part time, stando due-tre giorni in Basilicata. Sarebbe opportuno che gli interessati smentiscano al più presto questa che per il momento va considerata una diceria. La gravità della situazione in cui versa la regione richiede, se è possibile, molto di più del tempo pieno. E passiamo a cose più rilevanti. Gli incidenti di percorso (questioni Falotico, Mazziotta, prima composizione delle segreterie degli assessori) che abbiamo purtroppo dovuto registrare non vanno enfatizzati, ma possono servire agli assessori per capire che per evitare figuracce dovranno stare molto attenti ai nominativi che vengono loro proposti, essendo poco a conoscenza (è il prezzo che pagano normalmente gli esterni) della geografia politica regionale, popolata di aree clientelari in cerca di migliori (ri)posizionamenti di potere.

 Ma la questione che più impressiona attiene alle prime indicazioni che taluni assessori hanno avuto modo di esternare sulle loro intenzioni operative.

Mi riferisco, in particolare, all’intervista rilasciata a nostro giornale dall’assessore alle attività produttive ed al lavoro, Raffaele Liberali (per non far nomi).

«Ci sono-ha osservato l’assessore- delle emergenze importanti, povertà e disoccupazione giovanile . Contemporaneamente, però, il contesto di partenza vanta parametri alti sul fronte culturale». È una considerazione profondamente sbagliata.Il principale limite di questa regione verte proprio nella grave carenza di fattori culturali, e non solo antropologici, che attraversa trasversalmente le istituzioni nel loro complesso( la politica, la burocrazia, l’impresa, i sindacati, i ceti professionali). Valutare positivamente il contesto in cui si muovono tali fattori significa avere una visione molto parziale della realtà regionale.

Non ci sono cose buone che viaggiano isolate, né il problema è soltanto quello di aggiustare i singoli pezzi. Certo qualche eccellenza c’è, ma non fa massa critica, non fa sistema, come pure ammette l’assessore. In questa ottica, occorre dire se il sistema attuale va soltanto migliorato o va cambiato radicalmente e se sì, quale sistema vogliamo. Non è un mistero che la formazione è prevalentemente spreco di risorse, che non disponiamo di strumenti ordinari di monitoraggio e valutazione delle politiche attive e passive  e così via.   

Ritenere di seguire le molte strade già battute (sic!), quali il documento dei sindacati e il piano obiettivo Basilicata non ci allontana molto dalla congiuntura economica  e dalla crisi strutturale di lungo periodo in cui ci troviamo.

L’obiettivo Basilicata non è un piano, ma un complesso di misure ed incentivi di portata nazionale, senza un chiaro disegno programmatico, che non hanno sortito alcun risultato significativo (si vedano i molteplici documenti economici sfornati negli ultimi mesi), il documento sindacale  è anch’esso un documento parziale, contiene indicazioni interessanti su molte tematiche del lavoro, ma ne trascura altre ed in ogni caso non ha le caratteristiche di un piano vero e proprio. Le considerazioni fatte dall’assessore sul modo di fronteggiare la disoccupazione, gli esclusi pressocchè definitivi dal mercato del lavoro, evocando, ad esempio, progetti futuribili sulla chimica verde o richiudendosi in posizioni preconcette su nuovi precari nella pubblica amministrazione  non colgono l’essenza della questione lavoro regionale così come si pone attualmente. Il fattore tempo non è una variabile indipendente: la Basilicata ha bisogno, oggi, domani, al massimo dopodomani, di posti di lavoro, anche temporanei, di nuovo potere di acquisto soprattutto per i più deboli per far lievitare i consumi primari per spingere la piccola impresa locale, lo sviluppo “autoctono”, auto propulsivo, incentivando la cooperazione tra i lavoratori e le imprese.

Ci vuole un piano  di lavoro straordinario e non di sussidi per gli esclusi che non può che essere attivato dalla Pubblica amministrazione (qualcosa ci avrà insegnato Keynes!). Quindi, bando alle ovvietà e attivazione di un progetto concreto ed immediato. Ci sono tanti modi per non fare assistenzialismo, basta cogliere le tante idee che circolano in merito.

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