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POTENZA – Quello che dice «Cosime’… Vabbò, fategli la cosa» nell’ufficio del sindaco Nicola Lopatriello il 19 aprile 2010, che è il giorno in cui Giovanni Colamarino entra nel comune di Policoro e incontra l’assessore Cosimo Ierone, che poi sale dal primo cittadino, non sarebbe Lopatriello. Quelle parole pronunciate, captate dalle microspie, ritrasmesse da un dispositivo gsm alla centrale di ascolto della guardia di finanza, registrate, trascritte nero su bianco, e infine riprodotte nelle informative al pm Valeria Farina Valaori, sono l’elemento più importante dell’accusa contro il sindaco agli arresti domiciliari dal 13 gennaio con l’accusa di corruzione. Ma il timbro della voce non sarebbe il suo. È la carta che ha calato ieri mattina la difesa di Lopatriello davanti ai giudici del Riesame di Potenza. Un jolly che potrebbe rivelarsi un asso di cuori o un due di picche. Tutto sta al collegio presieduto da Gerdina Romaniello affiancata da Ivana Salvatore e Federica Villano. L’avvocato Gianni Di Pierri ha portato alla loro attenzione copia degli audio con le intercettazioni dell’inchiesta e saranno i giudici a decidere se procedere all’ascolto o meno. In caso positivo, senza l’intervento di un perito che confronti l’impronta vocale di Lopatriello con quella di chi ha pronunciato le fatidiche parole, la questione sarà d’orecchio. Ma la difesa del sindaco di Policoro non è stata la sola a sollevare dei pesanti dubbi sull’attendibilità degli atti d’indagine. In udienza sono intervenuti anche l’avvocato Emilio Nicola Buccico per Felice D’Amato, Filippo Vinci per Giovanni e Piermaria Lista, e Nuccio Labriola per Cosimo Ierone. Sotto esame dei legali è finito tutto il lavoro svolto dai militari della guardia di finanza di Policoro, fino alle virgole. Tra le altre cose, ad esempio, è stato fatto notare che un sottufficiale di quelli che si sono immersi più degli altri nelle operazioni sarebbe stato presente nello stesso giorno alla stessa ora in due posti diversi, data la firma apposta su alcuni documenti. Non sono mancate nemmeno le contestazioni di fatto come quella sui rapporti patrimoniali tra l’assessore ai lavori pubblici Cosimo Ierone e Giuseppe Pascale, che per conto del comune si occupa della manutenzione degli impianti d’illuminazione a Policoro. Pascale ha ammesso davanti agli interrogatori di aver costituito una riserva di 2700 euro su quanto fatturato all’amministrazione che sarebbero tornati a Ierone come da accordi con il fornitore di lampade al led per i lampioni di via Salerno. Gli avvocati hanno prodotto fatture che certificherebbero un debito pregresso tra Pascale e Ierone, che in proprio vende pneumatici per auto. Un debito contratto da Pascale proprio per un cambio di gomme che potrebbe spiegare quei 2700 euro ridimensionando e di non poco l’accusa nei confronti dell’assessore. Anche sui rapporti tra Lopatriello, Giovanni Colamarino, e Sandro Gigante (rivenditori di lampade al led) sono stati portati all’attenzione dei giudici spunti diversi. In particolare un’informativa della guardia di finanza allegata all’ordinanza di arresto in cui si parla di un’offerta di 10mila euro al sindaco da parte di Gigante, una mazzetta s’intende, che sarebbe stata rifiutata. Come può coesistere un’offerta rifiutata di 10mila con una mazzettina ben accetta di 4mila dovranno stabilirlo i giudici nelle prossime ore.

Leo Amato

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