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UNA villa all’Olgiata, due appartamenti a Roma e Milano, conti correnti bancari e come se non bastasse anche alcuni terreni in Calabria. Valore complessivo circa 10 milioni di euro.
No, non si tratta di un elenco di beni sequestrati a una cosca mafiosa ma questo è quanto un’anziana potentina ha lasciato in eredità a Tommasino.
E chissà quanti oggi proveranno non poca invidia nei confronti di Tommasino.
Invidia che sarà accompagnata da un “non ci posso credere”, con tante “e” finali e un paio di punti esclamativi, perché Tommasino non è né il figlio, né un nipote, né un parente della donna.
Tommasino altri non è che un gatto. Anzi da oggi un aristogatto.
Ma andiamo per ordine.
E’ il dicembre del 2009 quando Maria Assunta C. (il cognome è top secret), nata a Potenza nel 1917, ma da tempo residente a Roma prende carta e penna e redige un testamento olografo. La donna, senza figli e senza parenti – dettagli questi che, uniti anche al fatto che, nonostante tutta una serie di verifiche non sia stato possibile giungere all’identificazione della donna, lascerebbero spazio al dubbio che possa trattarsi di una bufala ben confezionata – ha deciso di affidare a Tommasino, quel micetto dai lei trovato appena nato vicino a un cassonetto dell’immondizia, tutto il suo patrimonio.
Il testamento dell’anziana, che ha nominato come nominati esecutori testamentari gli avvocati Marco Angelozzi, Anna Orecchioni e Giacinto Canzona, parla chiaro: Maria Assunta ha istituito un legato a favore della persona, fisica o giuridica, o di un’associazione animalista che sarà individuata dai due legali, che diventerà erede dell’ingente patrimonio con il perentorio onere di occuparsi del gatto Tommasino.
Quando anche Tommasino avrà esaurito le “sette vite” che, come si suol dire, appartengono ai gatti, il titolare del legato testamentario dovrà occuparsi di altri animali abbandonati utilizzando la parte di patrimonio non utilizzata da Tommasino. Redatto il testamento Maria Assunta ha continuato a vivere tranquillamente e in buona salute per altri due anni.
Due settimane fa l’anziana è deceduta ma la notizia, non si capisce il perché, è stata resa nota solo ieri, e anche questo potrebbe dare da pensare.
Fatto sta che, se tutto fosse vero, Tommasino da gatto abbandonato per strada subito dopo la nascita da oggi è, forse, il gatto più ricco del mondo.
Due settimane fa la donna, tagliato l’invidiabile traguardo dei 94 anni, è passata a miglior vita e il suo singolare testamento, registrato nell’ottobre del 2009, è diventato operativo a tutti gli effetti.
Tommasino è diventato così proprietario della villa all’Olgiata, di due appartamenti a Roma e Milano, di diversi conti correnti bancari e di alcuni terreni in Calabria.
Nel testamento olografo, ricordiamo, era stato istituito un legato a favore della persona, fisica o giuridica, o dell’associazione animalista che sarebbe stata individuata dagli esecutori testamentari e che sarebbe divenuta erede dell’ingente patrimonio con il perentorio onere di occuparsi del gatto e, soprattutto, degli altri animali abbandonati.
«Nell’ultimo anno – ha spiega Anna Orecchioni, uno dei tre legali – ci sono arrivate da tutta Italia centinaia di richieste di possibili “candidati” al ruolo, ma molte delle offerte ci sono parse sospette perché fatte a nome di improbabili associazioni, e questo ci ha costretto a un lungo e scrupoloso lavoro di verifica».
Alla fine, lo scorso maggio, la scelta è caduta su Stefania C. – ennesima anomalia o pura casualità il fatto che anche questo cognome cominci con la lettera “C” ? – 48 anni, romana, che altri non sarebbe che l’infermiera professionale che si è presa amorevolmente cura – il tutto sembra degno di un copione di un film neanche troppo originale – dell’anziana donna fino alla fine dei suoi giorni.
«Con la signora – ricorda il legale – l’infermiera condivideva l’amore per cani e gatti». Ma tu guarda un po’ che coincidenza, verrebbe da pensare. Un pensiero che prende ancora più corpo nel momento in cui il legale aggiunge che «Stefania ne ospita parecchi nella sua casa fuori città. Ed è certamente la persona più adatta a interpretare al meglio le volontà della sua assistita». Ci manca solo che «l’amorevole infermiera» abbia chiamato i suoi mici Duchessa, Bizet, Matisse e Minou.
O meglio Romeo, “er mejo der Colosseo”. Con buona pace di Walt Disney e dei suoi Aristogatti.

Alessia Giammaria

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