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 Un uomo in via IV Novembre armato di un filo di ferro prelevava cibo tra i rifiuti
A caccia di pane nei cassonetti
Tante anche le persone che rovistano tra le rimanenze dei mercati
“SE questo è un uomo”. E’ proprio il titolo del capolavoro di Primo Levi la prima cosa a cui si pensa nel momento in cui, davanti a dei cassonetti della spazzatura, messi uno accanto all’altro, ti accorgi che c’è un uomo che con in mano un filo di ferro, si sporge all’interno e tira fuori dei tozzi di pane. Accanto a lui c’è un addetto dell’Acta che ha appena finito di ripulire la zona circostante. Dà, volontariamente, le spalle all’uomo. Un gesto che non vuole essere di indifferenza ma di pudore. Una forma di riguardo nei confronti di una persona costretta a rimestare tra i rifiuti cercando di rimediare qualcosa di commestibile che, dopo essere stata prelevata con l’ausilio di un filo di ferro, viene riposta con la massima cura in un cartone poggiato a terra. Qualcuno potrebbe dire che tutto questo è successo nottetempo. Magari in un rione di periferia di una grande metropoli. Invece no. Siamo in via IV Novembre, in pieno centro storico. Le vetrine dei negozi glamour di via Pretoria dista solo pochi passi  da quei cassonetti. Sono quasi le 10 del mattino e tutto avviene alla luce del sole. La  strada è una di quelle molto trafficate. Le autovetture transitano e vanno oltre. Come vanno oltre i passanti. In pochi si accorgono di quell’uomo e di quello che sta facendo. Storie, triste a dirlo, di ordinaria miseria. E così viene da domandarsi: ditemi se questo è un uomo. Un uomo costretto a frugare tra i cassonetti. 
Benessere e povertà convivono nel centro della città. C’è chi ha appena finito di fare colazione al bar con cornetto e cappuccino e chi, a pochi metri di distanza, rovista nel cassonetto alla ricerca di un tozzo di pane. Questa è Potenza. Non sono più, dunque, solo i senzatetto o i rom a frugare tra i rifiuti. Da qualche anno non è difficile sorprendere pensionati o anche cinquantenni disoccupati, ad “ispezionare” la spazzatura alla ricerca di un tozzo di pane.
Persone distinte. Proprio come l’uomo che ieri mattina raccoglieva cibo da uno dei cassonetti. Prima, o magari dopo, avrà ispezionato anche gli altri. Le pensioni minime, o gli ammortizzatori sociali per chi ha perso il lavoro,  non sono sufficienti  neanche per mettere in tavola il pane, e così si fruga  nei cassonetti. E per una scena vista chissà quante quelle che passano inosservate. Il fatto è che il numero di queste persone aumenta di giorno in giorno. Aprono, cercano, mettono le braccia dentro e tirano fuori le cose per vedere che cosa possono prendere. 
Ieri l’incontro con quell’uomo. Lo sguardo basso, mentre frugava  alla ricerca di qualcosa da mangiare, ma non si piangeva addosso: sul suo volto, o meglio su quel poco di volto che si vedeva sotto il cappellino che aveva sulla testa, si notava  dignità e  tristezza. Un uomo come tanti e invisibile. Quante situazioni invisibili ci sono in giro, quante storie non raccontate, quante situazioni difficili in una città come Potenza dove l’apparenza conta e anche tanto.
La povertà è cosa di cui ci si deve vergognare? Una macchina costosa può farci acquistare la stima degli altri? Un cellulare? Dei vestiti firmati? Sembra un discorso ormai vecchio e digerito, ma è ancora così. 
E poi ci sono anche quelli che si aggirano tra i banchi dei mercati .  All’apparenza normalissimi clienti che guardano i prodotti esposti sulle bancarelle: frutta, pane, verdura, pesce e carne. Sembra che valutino cosa acquistare. Poi all’improvviso, ma con molta discrezione, si avvicinano alle cassette di legno degli avanzi. Un’occhiata veloce  per individuare il residuo “buono”, prima di infilare rapidamente la mano e via tra la folla. La loro “spesa”, quando va bene, è un’arancia, una mela o un pomodoro andato anche a male, in alternativa qualche foglia di lattuga o il gambo di un carciofo. Un fenomeno che c’è sempre stato ma che negli ultimi  anni ha conosciuto un forte incremento. Queste situazioni a volte imbarazzano. Capita che alcuni passino dal bancone al retrobottega, a frugare tra gli scarti. Quando si accorgono di essere stati visti si giustificano magari  dicendo  che hanno il coniglio, la gallina, o la tartaruga a cui dare da mangiare.
Se questo è un “uomo”.
Alessia Giammariaa.giammaria@luedi.it
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“SE questo è un uomo”. E’ proprio il titolo del capolavoro di Primo Levi la prima cosa a cui si pensa nel momento in cui, davanti a dei cassonetti della spazzatura, messi uno accanto all’altro, ti accorgi che c’è un uomo che con in mano un filo di ferro, si sporge all’interno e tira fuori dei tozzi di pane. Accanto a lui c’è un addetto dell’Acta che ha appena finito di ripulire la zona circostante. Dà, volontariamente, le spalle all’uomo. Un gesto che non vuole essere di indifferenza ma di pudore. Una forma di riguardo nei confronti di una persona costretta a rimestare tra i rifiuti cercando di rimediare qualcosa di commestibile che, dopo essere stata prelevata con l’ausilio di un filo di ferro, viene riposta con la massima cura in un cartone poggiato a terra. Qualcuno potrebbe dire che tutto questo è successo nottetempo. Magari in un rione di periferia di una grande metropoli. Invece no. Siamo in via IV Novembre, in pieno centro storico. Le vetrine dei negozi glamour di via Pretoria dista solo pochi passi  da quei cassonetti. Sono quasi le 10 del mattino e tutto avviene alla luce del sole. La  strada è una di quelle molto trafficate. Le autovetture transitano e vanno oltre. Come vanno oltre i passanti. In pochi si accorgono di quell’uomo e di quello che sta facendo. Storie, triste a dirlo, di ordinaria miseria. E così viene da domandarsi: ditemi se questo è un uomo. Un uomo costretto a frugare tra i cassonetti. Benessere e povertà convivono nel centro della città. C’è chi ha appena finito di fare colazione al bar con cornetto e cappuccino e chi, a pochi metri di distanza, rovista nel cassonetto alla ricerca di un tozzo di pane. Questa è Potenza. Non sono più, dunque, solo i senzatetto o i rom a frugare tra i rifiuti. Da qualche anno non è difficile sorprendere pensionati o anche cinquantenni disoccupati, ad “ispezionare” la spazzatura alla ricerca di un tozzo di pane.Persone distinte. Proprio come l’uomo che ieri mattina raccoglieva cibo da uno dei cassonetti. Prima, o magari dopo, avrà ispezionato anche gli altri. Le pensioni minime, o gli ammortizzatori sociali per chi ha perso il lavoro,  non sono sufficienti  neanche per mettere in tavola il pane, e così si fruga  nei cassonetti. E per una scena vista chissà quante quelle che passano inosservate. Il fatto è che il numero di queste persone aumenta di giorno in giorno. Aprono, cercano, mettono le braccia dentro e tirano fuori le cose per vedere che cosa possono prendere. Ieri l’incontro con quell’uomo. Lo sguardo basso, mentre frugava  alla ricerca di qualcosa da mangiare, ma non si piangeva addosso: sul suo volto, o meglio su quel poco di volto che si vedeva sotto il cappellino che aveva sulla testa, si notava  dignità e  tristezza. Un uomo come tanti e invisibile. Quante situazioni invisibili ci sono in giro, quante storie non raccontate, quante situazioni difficili in una città come Potenza dove l’apparenza conta e anche tanto.La povertà è cosa di cui ci si deve vergognare? Una macchina costosa può farci acquistare la stima degli altri? Un cellulare? Dei vestiti firmati? Sembra un discorso ormai vecchio e digerito, ma è ancora così. E poi ci sono anche quelli che si aggirano tra i banchi dei mercati .  All’apparenza normalissimi clienti che guardano i prodotti esposti sulle bancarelle: frutta, pane, verdura, pesce e carne. Sembra che valutino cosa acquistare. Poi all’improvviso, ma con molta discrezione, si avvicinano alle cassette di legno degli avanzi. Un’occhiata veloce  per individuare il residuo “buono”, prima di infilare rapidamente la mano e via tra la folla. La loro “spesa”, quando va bene, è un’arancia, una mela o un pomodoro andato anche a male, in alternativa qualche foglia di lattuga o il gambo di un carciofo. Un fenomeno che c’è sempre stato ma che negli ultimi  anni ha conosciuto un forte incremento. Queste situazioni a volte imbarazzano. Capita che alcuni passino dal bancone al retrobottega, a frugare tra gli scarti. Quando si accorgono di essere stati visti si giustificano magari  dicendo  che hanno il coniglio, la gallina, o la tartaruga a cui dare da mangiare.Se questo è un “uomo”.

 

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