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HA scelto il suo cinema per dire addio alla vita. Nel “Due Torri” Vito Di Canio, 55 anni, lavorava da più di un ventennio. Era la prima persona che incrociavi quando entravi. Lo trovavi al botteghino.

«Sempre gentile e disponibile – dicono oggi i conoscenti ancora increduli e sconvolti – una bravissima persona».

Vito Di Canio ieri pomeriggio è entrato nel locale – lo gestiva insieme a un socio, Vito Ciuffrida – e lì ha scelto di farla finita. Nel luogo che probabilmente era la sua passione e allo stesso tempo la sua dannazione. Specie negli ultimi anni. Con tanti tanti problemi che ogni giorno si presentavano.

E per lui – dicono i conoscenti – era diventato quasi un tarlo: ne parlava con tutti di questa crisi che stava togliendogli il sonno. Di questi tempi duri che non davano quasi speranza. E di queste istituzioni che non ti aiutano, anzi.

«Non ce la faccio più, qui non si muove più niente», l’ha ripetuto anche ieri mattina ai conoscenti che l’hanno incontrato.

Così ieri pomeriggio – probabilmente intorno alle 17.30 – Vito Di Canio ha fatto quello che faceva ogni giorno: ha aperto le porte del suo cinema, forse con gli occhi ha salutato tutto quello che era il suo mondo, poi si è diretto verso la sala proiezioni e lì si è ucciso. A trovarlo proprio il suo socio, arrivato poco tempo dopo. Ha trovato le porte dell’ingresso principale aperte, è entrato ma non ha trovato nessuno. Così ha iniziato a cercare. Ed è stato lui a trovarlo senza ormai più vita vicino alla scala a chiocciola che porta alla sala dove ci sono i proiettori. Quando ha dato l’allarme erano le 18.30 circa. Sul posto sono arrivate le pattuglie della polizia di Stato, un’autoambulanza. Poco dopo anche i Vigili urbani. Per Vito Di Canio non c’era più nulla da fare se non interrogarsi sui motivi di quell’ultimo gesto.

Tutti increduli e sconvolti i commercianti di via Due Torri. L’avevano visto ieri mattina. La barba un po’ più lunga del solito, quel solito lamentarsi della crisi e delle difficoltà. Ma niente di diverso dal solito. Niente che lasciasse presagire la tragedia. «Anche perchè qui – dicono – stiamo tutti in crisi, le cose non vanno bene per nessuno». Così nessuno ha dato peso più del solito a quelle parole. E invece, probabilmente, Di Canio aveva già preso la sua decisione. Accanto al suo corpo due lettere, una al socio, l’altra a un amico. In quelle ultime parole forse la spiegazione di un dolore che piano piano è diventato troppo grande da sopportare.

a.giacummo@luedi.it   

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