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I PIGNOLESI, a Potenza, sono famosi per essere i pasticcieri più raffinati. O i parrucchieri più creativi. Ma evidentemente la creatività li caratterizza qualunque sia la disciplina che decidano di intraprendere e la storia di Giancarlo Mancino lo dimostra chiaramente. 
Non tutti forse lo sanno, ma esiste il “Mancino Vermouth”. E quel nome non è casuale. A dare il nome a questa preziosa preparazione è proprio un lucano, un pignolese per la precisione.
Si tratta di Giancarlo Mancino, barman di fama mondiale (ieri consacrato con una bella pagine sul Corriere della sera) che, grazie alla sua esperienza, nel 2011, ha creato e portato sulla scena internazionale una collezione di tre Vermouth artigianali di qualità eccezionale e dall’impronta classica secondo la tradizionale formula risalente agli inizi del 1900. Mancino ha 36 anni, una carriera da Londra a New York all’Asia, prima all’8 e ½ di Honk Kong (con lo chef Umberto Bombana), ora al Milione, che ha aperto con lo chef umbro Marco Gubbiotti nella stessa città.
«I Vermouth Mancino sono – questa una delle tante recensioni – elisir sofisticati, complessi ed equilibrati, prodotti con infusi di erbe aromatiche altamente selezionate e sviluppati in collaborazione con un’importante realtà piemontese del settore». 
Giancarlo Mancino è uno che ha viaggiato molto: in India, in Vietman, in Inghilterra. Ora vive stabilmente a Canelli, in Piemonte, ma le sue origini davvero non le ha dimenticate, come dimostra l’etichetta sulle sue bottiglie, che riproduce una veduta di Pignola, il paese dove Giancarlo in gioventù giocava a calcio e le monete d’oro risalenti al 1900. 
Il tappo in legno e il mix dolce-amaro contribuiscono alla raffinatezza, al carattere e al fascino old style di questi Vermouth. Sono ottimi per la creazione di cocktail classici ed innovativi, ma anche lisci, serviti freddi oppure on the rocks. Disponibili in tre versioni: Secco, Bianco Ambrato e Rosso Amaranto. 
E a dare quel particolare sapore ci sono anni di studio e maestria: Giancarlo Mancino ha perfezionato il suo vermouth in quattro anni di ricerca per trovare 40 erbe in India, Vietnam, Inghilterra e ovviamente Italia. Le 40 piante sono state scovate con cura.
«Ho visto — ha detto Mancino al Corriere — che molti barman usano prodotti francesi al posto del vermouth. Così ho deciso di puntare sulla rivincita del nostro liquore, con una ricetta nuova e un ritorno alla tradizione». 
Il tutto prodotto, però, lontano dalla sua terra, in un’azienda familiare di Canelli, in Piemonte: è qui che vengono portate le erbe e le spezie per le tre versioni del vermouth Mancino, secco (19 tipi di piante), bianco ambrato (38) e rosso amaranto (39). Salvia, maggiorana, origano, rosa canina, iris, noce moscata e altro ancora per il secco; rosa alpina, camomilla, fiori di sambuco, genziana, menta, arancia dolce, ginger, pompelmo rosa, cardamomo, liquirizia, china nel bianco ambrato; ginepro italiano, vaniglia, rabarbaro, mirra, chiodi di garofano, cannella, scorza di arancia (e non solo) nel rosso amaranto. 
Le erbe e le spezie vengono macerate per un mese, poi l’estratto viene miscelato all’alcol di barbabietola e unito al Trebbiano. Dopo altri 6 mesi il vermouth è pronto. 
Quarantamila le bottiglie prodotte. Il primo mercato è stato l’Oriente, Hong Kong, Filippine, Cina. A distribuire ora in Italia questa linea di vermouth sono Gaia e Rossana Gaja, figlie di Angelo, il più noto tra i produttori di vino italiani. 
Ossessionato dalla perfezione e ispirato persino dalla propria nonna, Giancarlo Mancino ha deciso di produrre tre qualità di Vermouth, cercando e selezionando una a una decine varietà di erbe e spezie, asiatiche ed europee e naturalmente anche italiane. Il suo vermouth di eccezionale qualità può essere usato come principale ingrediente per i cocktail più classici e per quelli più innovativi, ma anche servito con la sola aggiunta di ghiaccio o semplicemente freddo. Insomma, che vuoi di più dalla vita? Un altro lucano…

I PIGNOLESI, a Potenza, sono famosi per essere i pasticcieri più raffinati. O i parrucchieri più creativi. 

 

Ma evidentemente la creatività li caratterizza qualunque sia la disciplina che decidano di intraprendere e la storia di Giancarlo Mancino lo dimostra chiaramente. Non tutti forse lo sanno, ma esiste il “Mancino Vermouth”. E quel nome non è casuale. A dare il nome a questa preziosa preparazione è proprio un lucano, un pignolese per la precisione.

Si tratta di Giancarlo Mancino, barman di fama mondiale (ieri consacrato con una bella pagine sul Corriere della sera) che, grazie alla sua esperienza, nel 2011, ha creato e portato sulla scena internazionale una collezione di tre Vermouth artigianali di qualità eccezionale e dall’impronta classica secondo la tradizionale formula risalente agli inizi del 1900. 

Mancino ha 36 anni, una carriera da Londra a New York all’Asia, prima all’8 e ½ di Honk Kong (con lo chef Umberto Bombana), ora al Milione, che ha aperto con lo chef umbro Marco Gubbiotti nella stessa città.«I Vermouth Mancino sono – questa una delle tante recensioni – elisir sofisticati, complessi ed equilibrati, prodotti con infusi di erbe aromatiche altamente selezionate e sviluppati in collaborazione con un’importante realtà piemontese del settore». Giancarlo Mancino è uno che ha viaggiato molto: in India, in Vietman, in Inghilterra. 

Ora vive stabilmente a Canelli, in Piemonte, ma le sue origini davvero non le ha dimenticate, come dimostra l’etichetta sulle sue bottiglie, che riproduce una veduta di Pignola, il paese dove Giancarlo in gioventù giocava a calcio e le monete d’oro risalenti al 1900. Il tappo in legno e il mix dolce-amaro contribuiscono alla raffinatezza, al carattere e al fascino old style di questi Vermouth. 

Sono ottimi per la creazione di cocktail classici ed innovativi, ma anche lisci, serviti freddi oppure on the rocks. Disponibili in tre versioni: Secco, Bianco Ambrato e Rosso Amaranto. 

E a dare quel particolare sapore ci sono anni di studio e maestria: Giancarlo Mancino ha perfezionato il suo vermouth in quattro anni di ricerca per trovare 40 erbe in India, Vietnam, Inghilterra e ovviamente Italia. Le 40 piante sono state scovate con cura.«Ho visto — ha detto Mancino al Corriere — che molti barman usano prodotti francesi al posto del vermouth. Così ho deciso di puntare sulla rivincita del nostro liquore, con una ricetta nuova e un ritorno alla tradizione».

 Il tutto prodotto, però, lontano dalla sua terra, in un’azienda familiare di Canelli, in Piemonte: è qui che vengono portate le erbe e le spezie per le tre versioni del vermouth Mancino, secco (19 tipi di piante), bianco ambrato (38) e rosso amaranto (39). Salvia, maggiorana, origano, rosa canina, iris, noce moscata e altro ancora per il secco; rosa alpina, camomilla, fiori di sambuco, genziana, menta, arancia dolce, ginger, pompelmo rosa, cardamomo, liquirizia, china nel bianco ambrato; ginepro italiano, vaniglia, rabarbaro, mirra, chiodi di garofano, cannella, scorza di arancia (e non solo) nel rosso amaranto. 

Le erbe e le spezie vengono macerate per un mese, poi l’estratto viene miscelato all’alcol di barbabietola e unito al Trebbiano. Dopo altri 6 mesi il vermouth è pronto. Quarantamila le bottiglie prodotte. Il primo mercato è stato l’Oriente, Hong Kong, Filippine, Cina. 

A distribuire ora in Italia questa linea di vermouth sono Gaia e Rossana Gaja, figlie di Angelo, il più noto tra i produttori di vino italiani. 

Ossessionato dalla perfezione e ispirato persino dalla propria nonna, Giancarlo Mancino ha deciso di produrre tre qualità di Vermouth, cercando e selezionando una a una decine varietà di erbe e spezie, asiatiche ed europee e naturalmente anche italiane. Il suo vermouth di eccezionale qualità può essere usato come principale ingrediente per i cocktail più classici e per quelli più innovativi, ma anche servito con la sola aggiunta di ghiaccio o semplicemente freddo. Insomma, che vuoi di più dalla vita? Un altro lucano…

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