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POTENZA – Avrebbero negato «anche di fronte alle fotografie»: mai stati lassù e mai visto niente. Eppure qualcuno di loro ha lavorato proprio lì, piegando un tirante «a 15 centimentri» dal corpo di Elisa Claps. Elementi per cui secondo il pm Laura Triassi loro «non potevano non sapere».

Si è acceso fin dalle prime testimonianze il dibattimento del processo per false dichiarazioni al pm a carico di Margherita Santarsiero e Annalisa Lovito (madre e figlia), le due donne delle pulizie della chiesa della Trinità, accusate di aver mentito sul ritrovamento dei resti della ragazza scomparsa nel 1993.

CORNELIU TODIRCA

Sulla graticola è finito Corneliu Todirca, l’operaio che il 17 marzo del 2010 è salito nel sottotetto della chiesa per riparare un’infiltazione d’acqua e ha segnalato la presenza di «uno scheletro» al vice parroco Don Wagno Oliveira Silva, che a quel punto ha chiamato la polizia.

Al termine del suo interrogatorio il pm ha formalizzato la «riserva» di chiedere l’invio in Procura del verbale d’udienza per procedere anche nei suoi confronti per false dichiarazioni.

Poco prima, infatti, Todirca aveva aggiunto alcuni elementi alla ricostruzione delle operazioni effettuate quella mattina, che il giorno stesso aveva omesso di riferire. In particolare l’intervento effettuato per pulire la grondaia, considerata una possibile causa dell’infiltrazione, prima del suo ingresso nel sottotetto per verificare se vi fossero delle tegole rotte.

IL SOSPETTO

«Siete andati direttamente allo sfiatatoio?» Ha chiesto il pm riferendosi alla “finestra” tra le tavole del tetto che si trovava proprio in corrispondenza del corpo. Una domanda rivelatrice del sospetto che aleggia su tutto il processo, per cui il “ritrovamento ufficiale” del 17 marzo non sarebbe stato altro che una “messinscena” con dei protagonisti ancora da scoprire. Tant’è vero quella successiva è stata proprio se ci fossero stati «premi» o ricompense particolari per quell’intervento. 

Todirca ha negato con decisione due volte spiegando di aver seguito lungo la parete il tracciato della grondaia per capire se l’acqua arrivasse da lì, facendosi luce con un telefonino. Eppure la sua versione non ha convinto né il pm né il legale della famiglia Claps, Giuliana Scarpetta, che ha evidenziato un’altra contraddizione ancora sul sopralluogo effettuato nei giorni precedenti. Secondo l’operaio si sarebbero fermati al pian terreno della chiesa con il titolare della ditta che aveva “subappaltato” alla sua squadra l’intervento, e un prete «di colore», che andrebbe individuato in Don Wagno. Ma altri hanno parlato di un sopralluogo alla presenza dell’imprenditore, del parroco della Trinità, Don Ambroise Atapka e persino del vescovo Agostino Superbo, che si sarebbe affacciato sulla terrazza della canonica da cui si accede a tetto e sottotetto della chiesa. In più anche un altro degli operai che erano con Todirca il 17 marzo, Vasiliu Ion, ha negato che avessero pulito le grondaie prima di entrare nel sottotetto. Lui, Ion, sarebbe rimasto con un collega a pulire il terrazzo da quanto poteva ostruire la canalina di scolo sul pavimento mentre il “capo”, Todirca, era andato subito dentro a caccia della causa dell’infiltrazione.

BARBARA STRAPPATO

In precedenza era stato interrogato a lungo sulle indagini svolte sul caso l’ex capo della Squadra mobile di Potenza, Barbara Strappato, oggi in servizio a Napoli.

«I primi accertamenti – ha spiegato il vicequestore aggiunto – li abbiamo fatti sulla corta del diario di Don Mimì Sabia (l’ex parroco della Trinità morto nel 2008, ndr) che annotava anche la sostituzione delle singole tegole».

Non è chiaro se si trattasse proprio del diario di cui l’avvocato delle due donne delle pulizie, Maria Bamundo, aveva chiesto l’acquisizione all’inizio del processo, e che risulta “scomparso” in maniera misteriosa dai reperti del caso.

Fatto sta che è grazie a quanto c’era scritto lì sopra che gli investigatori sono risaliti ai lavori effettuati nel 1996 sul soffitto dell’aula sacra, per ancorare i cassoni che ancora oggi lo decorano.

«Dal registro dei lavori pubblici abbiamo verificato che era stata effettuata la perforazione dal basso dei cassoni per infilare un tirante che andava piegato da qualcuno che si trovava all’interno del sottotetto». E uno di quei tiranti si trova a 15 centimetri dal braccio di Elisa, che secondo la perizia dell’anatomopatologo Francesco Introna è rimasto lì dal giorno della sua scomparsa, il 12 settembre del 1993.

IL TIRANTE

«Abbiamo escusso a riguardo tutti gli operai – ha spiegato Barbara Strappato – ma nessuno ricordava nulla. Ci ha risposto con insistenza che non avevano visto. Avevamo le foto e loro ci dicevano che non erano stati lassù. Uno poi ha detto qualcosa e il responsabile delle opere pubbliche ci ha dato qualche delucidazione. Ma nel complesso non abbiamo ricevuto collaborazione. Mi chiedo solo come un faro non abbia illuminato quello che 14 anni dopo è stato visto grazie a un telefonino».

Rispondendo a un’altra domanda del pm Triassi il vicequestore ha espresso la sua convinzione che gli ultimi due mesi prima del ritrovamento ufficiale del corpo ci sia stata la volontà di «far emergere questa realtà, di far rinvenire il segreto».

«In realta’ – ha aggiunto rispondendo al legale dei Claps se il corpo era coperto soltanto da 2 tegole, com’era quando l’abbiamo trovato, doveva essere stato visto per forza. Allora si è fatta l’ipotesi che fosse coperto da un cumulo di materiale di risulta, ma nessuno di quelli saliti lassù ricorda neanche questo». 

LA DENUNCIA

L’avvocato Scarpetta ha chiesto conferme anche sul danneggiamento di una vetrina nella piazzetta della chiesa della Trinità denunciato pochi mesi dopo la morte di Don Mimì, nell’estate del 2008, con un frammento di tegola che avrebbe fatto parte di un grosso quantitativo di materiale di risulta portato via dalla chiesa. Questo episodio, collegato al ritrovamento sul corpo di due semi alati databili in quel periodo, secondo la famiglia Claps, permettererebbe di fissare la scoperta del corpo due anni prima di quella ufficiale. Ma il successore di Don Mimì, Don Noel Okamba, tornato in Congo soltanto pochi mesi più tardi, non avrebbe confermato nemmeno questo trasporto.

SOTTO COPERTURA?

Nessun riscontro – infine – sarebbe emerso rispetto alla denuncia di due cittadini che hanno detto di aver saputo da un sacerdote di agenti del Servizio centrale operativo della polizia a Potenza, nei giorni precedenti al 17 marzo, che avrebbero affittato un appartamento di fronte alla Trinità per monitorare chi entrava e chi usciva dal sottotetto.

«Da quello che abbiamo verificato nessuno dello Sco era a Potenza, e questi due poliziotti non sono stati individuati». 

La prossima udienza è stata fissata il 16 maggio per sentire il terzo operaio salito nel sottotetto e altri due poliziotti che si sono occupati del caso. Poi sarà il turno dei sacerdoti.

Uscendo dall’aula c’è stato anche un breve confronto tra Corneliu Todirca e la madre di Elisa, Filomena Iemma, presente in aula con i figli. L’uomo le ha stretto la mano e le ha ribadito di aver detto tutto quello che sapeva su questa storia.

Sul banco degli imputati c’era la sola Annalisa Lovito che è rimasta in silenzio tutto il tempo.

l.amato@luedi.it

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