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LA Corte d’Appello di Potenza ha assolto «per non aver commesso il fatto» l’ex assessore al bilancio del Comune di Potenza, Rocco Lepore, condannato in primo grado a 7 anni di reclusione per concorso esterno nel clan Cossidente.
Assieme a Lepore, assistito dall’avvocato Aldo Morlino, sono stati assolti anche Michele Di Bello, assistito dall’avvocato Giampaolo Carretta, e Maurizio Pesce, assistito dall’avvocato Domenico Stigliani. Condannati in primo grado a 10 e 9 anni e 3 mesi di reclusione per associazione mafiosa.
La Corte ha rivisto al ribasso le pene per Angelo Quaratino, assistito dall’avvocato Antonello Molinari (da 11 anni a 8 e mezzo), e Leonardo Numida Stolfi (da 11 a 9), assistito dall’avvocato Cristiano Cuomo, per cui ha disposto l’immediata scarcerazione in attesa della Cassazione. E così per Nicola Sarli (10 anni e 6 mesi) che in primo grado era stato condannato due volte, come appartenente ad entrambi i clan, a 10 anni più 12. Quindi 11 anni per Franco Rufrano (erano 11 più 2 e mezzo); 5 per Luciano Lotito (erano 6 anni e 6 mesi); 8 per Pasquale Marino; e 7 per Domenico Riviezzi (erano 9).
Per il resto i giudici hanno confermato quanto stabilito dal Tribunale nei processi gemelli sullo scontro tra il gruppo dei potentini capeggiati da Cossidente e quello dei pignolesi guidato da Saverio Riviezzi. Condannando i pentiti: Cossidente (cinque anni e sei mesi), Gino Cosentino (6 anni); Donato Caggiano (6 anni e 6 mesi); e Alessio Telesca Alessio Telesca e Savino Giannizzari (tre anni e sei mesi a testa). Quindi Carlo Troia (10 anni) e Saverio Riviezzi (15 anni).
L’inchiesta, soprannominata “double face2”, aveva preso le mosse nel 2006 dalle rivelazioni di Caggiano, trovato in possesso di diverse armi da fuoco, che spiegò che erano destinate a Riviezzi, in contrasto con Cossidente dalla scoperta delle sue confidenze ai servizi segreti. Poi si è aggiunto il padrino della “famiglia basilisca”, Gino Cosentino, che ha parlato dell’accordo tra i reduci del vecchio clan per far fuori Cossidente ed estendere l’egemonia dei pignolesi sul capoluogo. Cosentino è stato il primo anche a fare il nome dell’ex assessore al bilancio del capoluogo, Rocco Lepore, come uomo di fiducia sua e di altri esponenti del clan.
Lepore è rimasto in carica dal 2004 al 2006 ed è tuttora imputato in un altro processo sui rapporti tra mafia e politica a Potenza, dove è accusato di aver commissionato un incendio a uno scagnozzo di Cossidente (Michele Di Bello) ai danni dell’avvocato Massimo Molinari, con cui era in contrasto per questioni di partito.

l.amato@luedi.it

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