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L’inchiesta, avviata nel 2006 dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris e poi, dopo l’avocazione a quest’ultimo, affidata alla Procura generale di Catanzaro, riguardava un presunto comitato d’affari politico affaristico che avrebbe illecitamente gestito i soldi pubblici destinati allo sviluppo della Calabria, e tra le varie ipotesi accusatorie vi è quella che la società Tesi, avrebbe ottenuto illecitamente fondi della Regione Calabria, grazie all’interessamento di politici e imprenditori collusi.

Non a caso in dibattimento sono costituite parte civile proprio la Regione Calabria e Fincalabra. Della storia fallimentare della Tesi spa, nonchè dei racconti che qualcuno fece a proposito di un presunto interessamento da parte dell’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti perchè essa ottenesse finanziamenti, ha parlato in aula l’ex direttore generale di Fincalabra, Francesco Antonio Tucci.

A confermare l’impianto accusatorio sulle presunte irregolarità nei finanziamenti di Fincalabra a Tesi sono stati i consulenti della Procura – il commercialista Francesco Moraca, e due esperti della Guardia di finanza – chiamati ad analizzare i rapporti intercorsi tra Tesi e Fincalabra, anche prima che quest’ultima acquisisse la quota maggioritaria della prima per contribuire a salvarla. Il processo è stato infine aggiornato al prossimo primo aprile, per l’audizione di altri testimoni.

Davanti al tribunale collegiale presieduto dal giudice Antonio Battaglia (a latere Adriana Pezzo e Giovanna Mastroianni) – l’accusa è sostenuta dai sostituti procuratori generali Massimo Lia ed Eugenio Facciolla -, sul banco degli imputati siedono le 27 persone rinviate a giudizio il 2 marzo 2010, tra le quali anche Caterina Merante (nella foto), testimone chiave dell’inchiesta «Why Not», chiamata a rispondere dell’unico capo d’accusa contestatole: una contravvenzione alle leggi in materia di lavoro.
Gli altri sono Aldo Curto, Marino Magarò, Gennaro Ditto, Francesco Morelli, Antonio Mazza, Rosario Caccuri Baffa, Giorgio Cevenini, Rosalia Marasco, Ennio Morrone, Cesare Carlo Romano, Rosario Calvano, Dionisio Gallo, Domenico Basile, Giancarlo Franzè, Antonio Gargano, Filomeno Pometti, Michelangelo Spataro, Michele Montagnese, Pasquale Citrigno, Pasquale Marafioti, Clara Magurno, Alfonso Esposito, Giuseppe Pascale, Ernesto Caselli, Nicola Adamo, A. G. G..

Lo stesso 2 marzo il giudice dell’udienza preliminare Abigail Mellace, si è pronunciata a proposito dei tanti giudizi abbreviati richiesti oltre che del procedimento con rito ordinario, facendo sostanzialmente crollate tutte le più gravi accuse inizialmente ipotizzate a vario titolo, che complessivamente andavano dall’associazione per delinquere, all’abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode nelle pubbliche forniture, peculato, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, istigazione alla corruzione, estorsione, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, fino a contestazioni minori in materia di lavoro.

Per quanto ha riguardato i riti abbreviati, 8 imputati sono stati condannati; tra loro il principale accusato, l’imprenditore Antonio Saladino, ex leader della Compagnia delle opere in Calabria, che ha avuto una pena di due anni di reclusione, e 34 invece, assolti completamente tra loro l’allora presidente della Regione Calabria Agazio Loiero, e l’ex governatore Giuseppe Chiaravalloti -. Per quanto ha riguardato la normale udienza preliminare, 28 persone sono state completamente prosciolte, e 27 rinviate a giudizio.
Avviata nel 2006, l’inchiesta «Why not» conquistò la ribalta delle cronache nazionali soprattutto per il coinvolgimento dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, la cui posizione è stata archiviata nell’aprile del 2009, e dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, per il quale l’Ufficio gip ha disposto l’archiviazione a fine novembre 2009.

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