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MELFI – Sono 185 firme distribuite su quattro fogli a righe, sono quelle dei detenuti del carcere di massima sicurezza di Melfi. Centinaia di grafie minute per una lettera che è passata di mano in mano, firmata e poi spedita alla redazione del Quotidiano.
E sono gli stessi detenuti che raccontano delle misere condizioni della guardiola posta all’ingresso della casa circondariale. Una guardiola che è forse lo spazio più delicato di tutta la struttura, dove si predispongono gli incontri con i familiari. E stando alla denuncia raccolta la guardiola versa in condizioni pietose. Infiltrazioni di umidità, bagni rotti e inaccessibili, rendono questo luogo non più uno spazio di tranquillità familiare e i detenuti del carcere lo mettono nero su bianco. Ci sarebbe anche un problema relativo alla capienza, non sufficiente a contenere tutti.
«Le stiamo scrivendo – si legge nella lettera – perché in un colloquio avuto con la direzione del carcere ci hanno detto che la competenza per un eventuale ristrutturazione è del Comune perché si trova sul suolo comunale, quindi chiediamo un suo intervento affinché venga fatta chiarezza e poterlo ristrutturare a norma. Succede anche ai servizi igienici, attualmente chiusi perché fatiscenti o mal funzionanti. In questo modo si nega la possibilità di usufruirne a chi ci viene a trovare per i colloqui. Con una ristrutturazione i nostri familiari eviteranno di andare nei campi o in altri luoghi meno appropriati per i bisogni fisici».
La questione è chiara: i detenuti chiedono un trattamento più equo, soprattutto in occasione dei colloqui. È chiaro che la lettera è un appello allo stesso sindaco Valvano che nel suo piano per le opere pubbliche non ha messo in considerazione la ristrutturazione della guardiola.
E i detenuti sono pronti alla protesa: «Se il problema non viene risolto – scrivono ancora – inizieremo a fare lo sciopero della fame in modo pacifico».
Non è la prima volta che i detenuti hanno preparato una protesta. L’ultima in ordine di tempo riguardava il possibile trasferimento di 100 detenuti, poi non effettuato, all’interno di una struttura già densamente sovraffolata. In quell’occasione per diversi giorni il suono delle stoviglie alle sbarre ha fatto da sfondo, oggi invece si annuncia lo sciopero della fame ad oltranza nel nome della dignità calpestata e dell’impossibilità di ricevere i propri familiari in un luogo consono e pulito.
Era il 2009 quanto Rita Bernardini, in una visita, aveva parlato di un carcere «sovraffollato e in pessime condizioni». Cinque anni dopo è ancora così, e questa lettera lo dimostra a pieno.

 

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