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POTENZA – Non più di un quarto d’ora per ogni prestazione, spostamenti da un angolo all’altro per “lavorare meglio”, minacce e botte nel caso in cui ci si dimentichi di seguire precisamente le regole.

Erano esigenti Mihaita Moldoveanu (32 anni) e Ionut Bogdan Gitan (30 anni)  i due uomini, di nazionalità romena, arrestati dai carabinieri, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Rosa Larocca. L’attività d’indagine, diretta dal sostituto procuratore Anna Piccininni, ha messo in luce un desolante quadro di «favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, aggravato e continuato». Vittime due donne – connazionali dei due uomini – a cui gli uomini  sottraevano poi buona parte dei guadagni.

Una vera e propria attività, con precisi orari di lavoro, tempi, guadagni. Peccato che lo strumento di lavoro fosse il corpo di due ragazze (completamente soggiogate) e il luogo la strada e, in particolare, località San Francesco a Potenza, anche se alcuni anziani sembra siano stati adescati anche nella villa comunale di Santa Maria.

Le ragazze venivano accompagnate, prelevate a fine giornata, seguite e spiate in ogni minimo spostamento. E, quasi fossero manichini, venivano anche spostate «più avanti» o «vicino al marciapiedi, che sotto il ponte chi diavolo la vede se passa?».  Tutto per essere  più visibili e riuscire a far fermare più clienti. Un’attività d’indagine precisa e dettagliata, con testimonianze e intercettazioni telefoniche che dimostrano come l’attività di sfruttamento della prostituzione venisse considerata assolutamente normale e legittimo venisse considerata la richiesta di “maggiore impegno”. Uno dei due arrestati, per esempio, racconta di queste attività alla moglie in Romania. E lei, perfettamente a conoscenza di tutto, gli chiede di mandargli i soldi che le servono: «vedi che devi fare allora, mi servono i soldi».

Solo uno strumento per guadagnare soldi: così, quando una delle ragazze “sbaglia” si pensa a sostituirla, quasi fosse un pezzo di ricambio: «Quella è picchiata in testa, devi trovarti un’altra da novembre in poi non la voglio più vedere. Dà il numero di telefono a tuti». E quello di comunicare con l’esterno è avvertito come un grave problema, perché le donne – perchè possano svolgere senza troppe ribellioni la loro professione – vengono isolate da ogni contatto con la realtà circostante. L’unico contatto che viene loro concesso è quello con i clienti – a telefono chiamati “caffè”: «quanti caffè hai bevuto oggi?» – o con anziani. In quel caso le donne vengono sollecitate a essere particolarmente gentili perchè loro, soggiogati sentimentalmente, possano poi essere generosi. E uno di loro, in particolare, cade in pieno nella trappola: credendo che le ragazze siano badanti – si giustificavano così le tante ore trascorse fuori casa – trova loro una casa abbastanza grande per tutti (anche per gli sfruttatori, che vengono presentati come parenti). Mentre un altro sarebbe disposto a dare a una delle ragazze 2.000 euro al mese per stare con lei. Una cifra consistente, che consentirebbe a uno degli arrestati di vivere di rendita in Romania: «Mi manderà lei i soldi che gli darà questo, mi manderà 500 euro alla settimana più quello che farà lei extra. Importante che acchiappo io i soldi».

Un controllo totale su ogni centesimo guadagnato, su ogni minuto in più trascorso con il cliente. E, infatti, ci sono momenti in cui la disperazione delle donne diventa insopportabile: «maledetto il giorno che ti ho conosciuto e quando sono venuta qui e vorrei morire ora, così mi libero di te e di tutti quanti».

Ogni prestazione 30 euro  con il continuo rischio che arrivino i carabinieri – e arrivano spesso, anche per le segnalazioni delle persone che vivono nella zona e non tollerano il traffico di prostitute e clienti – e con la paura di prenderle se non guadagnano abbastanza in un giorno: «mica ho fatto una fortuna con te, mica mi porti 500 euro al giorno per essere contento».

E ora, chiusi nel carcere di Potenza, dovranno accontentarsi di molto meno. Saranno ancora meno contenti.

a.giacummo@luedi.it

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