X
<
>

Condividi:
5 minuti per la lettura

POTENZA – Arpab dovrà controllare la Sogin, la società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia, sulle operazioni di solidificazione dei liquidi di scarto ottenuti dalle barre di Elk River custodite nel centro Itrec di Rotondella. Il tutto è contenuto in un protocollo di intesa che è stato firmato ieri dal presidente Pittella, dall’Arpab e dalla Sogin. E sarà la stessa Sogin ad offrire in comodato d’uso gratuito la strumentazione necessaria per poter effettuare le analisi su tutto il processo di solidificazione del liquido. Detto in parole semplici: si cerca di eliminare i “conflitti di interesse” consegnando l’intero sistema di analisi all’Arpab, che poi dovrà comunicare e pubblicare sul web i risultati dei controlli per ogni frequenza di campionamento. 

Ma i primi risultati si potranno avere per l’autunno, mentre tutto il sistema, che è composto da diverse strumentazioni, potrà essere messo in funzione entro luglio, ovvero dopo un periodo di formazione dei tecnici Arpab. Un’operazione trasparenza che però nasconde un cavillo all’articolo 6 del protocollo. È vero che i dati saranno pubblici, ma le parti in futuro potranno decidere se sottoporre o meno l’obbligo di riservatezza dei dati acquisiti e la documentazione prodotta. Questo vuol dire che non tutto sarà pubblico in futuro e, se è il caso, qualcosa resterà secretata. 

COSA SI MONITORA – All’interno del centro Itrec di Rotondella sono conservate da tempo le barre di combustibile nucleare costituite da una miscela di uranio e torio consegnate dagli Stati Uniti. Fino a quando in Italia è stato possibile, ovvero fino al referendum del 1987, l’Itrec ha lavorato su queste barre, producendo degli scarti di lavorazione chiamato “prodotto finito”. All’interno della struttura ne sono custoditi circa 3 metri cubi, in formato liquido. La Sogin, che è addetta allo smantellamento della struttura (cosa che si prevede avverrà definitivamente nel 2024), tra le tante cose dovrà solidificare questo liquido e stoccarlo all’interno di fusti cementati, per poi conservarli all’interno di un bunker che verrà costruito appositamente. E stando agli esperti che ieri sono intervenuti dai tre metri cubi di liquido saranno prodotti 200 fusti da 400 litri. E qui il liquido resterà fino a quando in Italia non si deciderà quale sarà il sito unico nazionale per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari. Cosa quest’ultima che dovrà decidere la stessa Sogin, che attualmente sta lavorando per smantellare anche le quattro centrali nucleari di Trino Vercellese, Caorso, Latina e Garigliano di Sessa Aurunca. In più dal 2003 lavora per smantellare i centri di ricerca sul combustibile di Saluggia, Casaccia, Bosco Marengo e Rotondella. Uno di questi, quindi anche l’Itrec, potrebbe essere il prossimo sito di stoccaggio nazionale. Quindi, alla fine, può anche essere che queste scorie non se ne andranno mai da lì.

I MOTIVI DELL’INTESA – Perché fare un protocollo di questo tipo? È stato lo stesso Ministero, in fase di approvazione della Valutazione di Impatto ambientale sul progetto di smantellamento e cementificazione, a disporre questo tipo di prescrizioni. Ha di fatto consegnato alla Regione Basilicata i poteri di verifica tramite la predisposizione di un piano di monitoraggio di acqua, aria e suolo. La Sogin quindi è tenuta a comunicare tutto ed è per questo che si è deciso di consegnare la strumentazione direttamente all’Arpab.

GLI STRUMENTI – I tecnici dell’agenzia regionale utilizzeranno un laboratorio mobile con apparecchi utili ad analizzare la radioattività direttamente sul campo, un campionatore aria per analisi sul particolato atmosferico utili a garantire le concentrazioni minime di attività rilevabili. In più, su richiesta dell’Arpab, la Sogin si impegna a consegnare dei sistemi di monitoraggio del Radon, 4 depositometri per la raccolta di deposizioni sul suolo, dei piezometri da installare in diversi punti, uno spettrometro di massa e una catena spettrometrica ad alta efficienza. In più saranno installate altre due stazioni di monitoraggio oltre quelle presenti nel centro Trisaia con acquisizione continua dei dati. Per fare questo i tecnici Arpab parteciperanno anche a formazione nella scuola di radioprotezione Sogin di Caorso e all’università di Napoli.
I TEMPI – Fermo restando che Arpab e Sogin già oggi effettuano controlli, si potrà vedere qualche primo risultato per questo autunno, quando sul web saranno pubblicati i primi dati. Ma già ieri il responsabile tecnico dell’agenzia regionale ha assicurato che stando agli attuali monitoraggi raramente sono stati superati «in maniera molto lieve i livelli di radiazione di fondo naturale». Tutte le attività di messa in sicurezza e stoccaggio del liquido dovrà avvenire entro il 2016, altrimenti si dovrà sottoscrivere un nuovo protocollo. 

LO SFOGO DI PITTELLA – La Basilicata non è la «Terra dei fuochi», e «noi siamo sempre in trincea per difendere il nostro ambiente e l’immagine di questa regione con tutti gli strumenti possibili». Sono le parole di Marcello Pittella a margine dell’incontro di ieri. Pittella ha poi spiegato che «chi dipinge la Basilicata come “Terra dei fuochi” dice una cattiveria e crea un danno a questa regione e al suo sviluppo: abbiamo tutti il dovere di dimostrare che questa è una terra salubre». In questo contesto «rientra l’accordo di oggi firmato con interlocutori im portanti in un percorso di trasparenza dei dati».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE