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Gianluca Callipo

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VIBO VALENTIA – Scuole e terremoti. Argomento caldo in questi giorni, ancor di più nel momento in cui, oggi, riaprono gli istituti calabresi. Il governo ha recentemente assicurato che le risorse per la messa in sicurezza delle strutture scolastiche ci arriveranno a stretto giro di posta e a questo va ad aggiungersi la proroga – che scadeva ieri – per i certificati di vulnerabilità sismica che scadrà adesso il prossimo 31 dicembre. Tuttavia, al momento per molti istituti mancano le documentazioni e a questo punto si impone la domanda: verranno chiusi anche se i parametri sono vicini alla soglia stabilita? Una cosa è certa: i sindaci non ci stanno a passare per colpevoli di questi ritardi. Ne abbiamo parlato con Gianluca Callipo, presidente regionale dell’Anci (l’associazione dei Comuni), a sua volta primo cittadino di Pizzo.
Allora presidente, com’è la questione?
«Partiamo da un dato: negli ultimi anni è cambiata diverse volte la normativa in materia ed ogni volta si è innalzato il livello di staticità che deve risultare dalle analisi esperite».
E il livello, allo stato attuale,  qual è?
«Allo stato è di 1, se una scuola non lo raggiunge viene definita non adeguata. È chiaro che per fare ciò servono delle risorse che il Governo ha messo in campo, e in Calabria è stata destinata una somma consistente. Il problema è che le somme di queste convenzioni si stanno sottoscrivendo in questi giorni. Per esempio al Comune di Pizzo arriverà  a brevissimo. E così, dalle firme sulla  questa documentazione si avranno 60 giorni per procedere alle verifiche a seguito delle quali si potrà stabilire la sicurezza dell’edificio. Se non si raggiunge, sempre il governo potrà finanziare la progettazione e gli interventi antisismici».
 Tra l’altro, la Regione, l’anno scorso, presentò un bando da 500 milioni di euro, il cosiddetto “Scuole sicure”.
«Esatto, il senso era proprio quello. Fondi per adeguare l’edilizia scolastica alle nuove normative».
Ma voi sindaci avete questi certificati?
«Al momento, come detto, la stragrande maggioranza dei Comuni non ne è in possesso. Ciò, tuttavia, non vuol dire che una scuola non sia sicura. Ed esempio in un istituto degli anni ’60, che poi ha subito degli interventi di miglioramento, questa documentazione manca. Quindi con questa attività si riuscirà ad avere una mappatura completa sul territorio e finalmente mettere ordine e rendere le famiglie più tranquille per i propri figli».
Però presidente, perché bisogna sempre arrivare all’ultimo momento prima di agire? Non è un film già visto?
«Allora, mi preme precisare che questi ritardi sono stati dovuti al Governo perché le convenzioni si stanno firmando adesso e quindi si è resa necessaria la proroga fino al 31 dicembre».
E se si dovesse andare oltre?
«Bisogna vedere che penalità preveda la norma. Ma se l’1 gennaio scopriamo che molti edifici non raggiungono i parametri di sicurezza prefissati cosa si fa? Ci troveremmo con centinaia, se non migliaia, di scuole con i cancelli serrati. A Grosseto, la Cassazione ha disposto la chiusura di una scuola con indice di 0,985».
E quindi? Cosa si fa?
«Partiamo intanto col rilevare un aspetto: se un istituto non è sicuro è ovvio che non possa operare ma se questo sfiora di pochissimi millesimi di punto, ad esempio lo 0,990, la soglia necessaria, cosa si fa? Si chiude lo stesso? Si finanzia, giustamente, un intervento di manutenzione straordinaria ma nel frattempo i ragazzi dove andranno a fare lezione?».
Afferma, dunque, che a mancare sia una linea guida?
«Esatto, è per questo che i sindaci chiedono al Governo che venga data un’impostazione definitiva sul caso».
Invocate insomma un minimo di elasticità entro la quale operare.
«Se si tratta, come detto, di una differenza realmente esigua si dovrà chiudere lo stesso? Il governo ci deve dire cosa fare e noi ci adegueremo ma dobbiamo saperlo, anche per evitare scaricabarili».
Si impone dunque una scelta: chiudere una scuola anche con una soglia quasi pari ad 1 e non avere un’alternativa per gli studenti o lasciare aperto con la prospettiva di effettuare quel minimo di interventi nel frattempo.
«Bisogna trovare il giusto equilibrio, individuare un limite al di sotto del quale non si può scendere e poi procedere. Di certo non consentiremo che sui sindaci vengano scaricate tutte le responsabilità. Responsabilità che ci assumiamo ma a patto che ci vengano date le risorse».

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