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di PARIDE LEPORACE
Per la seconda volta l’amico Mauro Armando Tita ha fatto presente al Comitato referendario per l’acqua pubblica lucana che nella nostra regione la questione è poco trasparente per il futuro di Acquedotto lucano, Ato e concessioni di acque minerali. Ci aspettavamo una risposta di chi coltiva la cura di questi temi ma è rimasto un silenzio assordante. A questo punto mi è sembrato giusto interpellare il presidente del Comitato per avere un parere. Il colloquio ha rivelato quello che si sospettava: il comitato lucano ha tempi molto lunghi, non si appassiona molto al dibattito che lo riguarda e si limita a chiedere al presidente De Filippo che sia salvaguardato il concetto di “pubblico” in modo molto astratto. La più recente attività del Comitato definita “un bel progetto” è quello di andare “alla scoperta delle fonti lucane” e infatti il 3 luglio si è svolta una bella gita alla sorgente “acqua del sambuco” per raggiungere poi il letto del fiume Noce. Un comunicato informa che domenica prossima si parte dal ponte Musumeci per raggiungere altre chiare, fresche, dolci acque. Premesso che ognuno ha il diritto di svolgere l’attività politica nel modo che ritiene opportuno, e
aggiungendo che il lato ludico della vita è sempre apprezzabile, ci si consenta di dire (ne abbiamo qualche ragione essendoci impegnati attivamente nella battaglia referendaria) che forse il Comitato lucano è distratto dalle
vere poste in gioco.
Nel giorno della simpatica gita potentina a Roma si è riunita l¹assemblea nazionale dei movimenti per l’acqua discutendo di una piattaforma che difende l’esito referendario non solo dalla destra, ma usando le parole del leader Marco Bersani, anche quello del blocco politico-mediatico della segreteria Pd e di Espresso e Repubblica che in accordo con Confindustria patrocinano manovre dei poteri forti finanziari che promuovono nuove leggi a favore di quel mercato bocciato nelle urne. Per restare a questioni semplici: con l’acqua non si fanno profitti. Forse il comitato lucano dovrebbe alzare lo sguardo su quello che è accaduto in Puglia dove i comitati hanno costretto il compagno Vendola a spiegare molte scelte fatte su Acquedotto pugliese, un ente che ha comprato le azioni detenute dalla Basilicata e del cui impiego economico nulla si dice. Ma c¹è molto di più. La vertenza Cutolo sta svelando risvolti politici compromissori e consociativi consumati sulle tasche dei lucani e dei lavoratori. Le denunce del Quotidiano e del Fatto hanno costretto la regione Basilicata a rivedere le procedure di concessione di un’azienda che non ha pagato oneri e tasse. Oggi Pietro Simonetti denuncia sul nostro giornale vicende inquietanti sulle acque minerali: un emendamento piazzato alla Berlusconi di nascosto in un
decreto lasagne per evitare di pagare le royalties a tappo e l’abolizione del divieto di poter passare le concessione ad altra società senza l’autorizzazione della Regione. Simonetti i conti li offre in modo chiaro: un miliardo di litri di acqua lucana hanno prodotto alle compagnie (come è noto c’è anche la Coca Cola) incassi per 283 milioni di euro. I lucani hanno ricevuto dalle royalties solo 305 mila euro. Uno scippo legalizzato e che ha bisogno di radicali cambiamenti alla luce della “narrazione dei beni comuni” come l’ha definita lo storico Piero Bevilacqua. E torniamo a parlare della nomina prossima ventura ad Acquedotto lucano. Alla luce del referendum di tre settimane fa come si procede? L¹acqua bene pubblico ha bisogno di trasparenza. L’assemblea dei sindaci sul piano formale è sovrana nel decidere chi comanda. Sappiamo bene invece che boiardi e leader di destra e di sinistra impongono l¹organigramma. Il tavolino del partito-regione risolta la partita del San Carlo nelle prossime ore si
metterà con i bilancini a decidere il resto della lottizzazione. Su
Acquedotto lucano incombe la figura di Egidio Mitidieri. Egli è uomo della
politica, ma anche del potere bancario. Banca del Sud e Banco di Napoli. Il
conflitto d¹interessi è macroscopico. Mitidieri non è uomo di comunicazione.
Preferisce non apparire, controlla senza apparire, risponde a Vito De
Filippo e ne cura i successi elettorali in area Sud in un¹alleanza familiare
che coinvolge anche Gianni Pittella. I suoi più stretti collaboratori lo
definiscono manager capace sul piano dei conti e dei risultati e uomo
attento al “bene comune”. A questo punto è necessaria un’operazione verità.
Se Mitidieri deve essere confermato spieghi alla Basilicata i vantaggi della
sua nomina, le scelte manageriali e demolisca quel luogo comune che dipinge
Acquedotto Lucano come la cassaforte della politica. De Filippo ha il dovere
di spiegare che scelte intende effettuare su questo delicato crinale. Fateci
comprendere se ci tutela meglio Mitidieri che è lucano, o se state preparando una nuova operazione alla Des Dorides concertata con i potentati economici che fanno capo agli ex Ds e Margherita, perché forse anche a noi ultrà del bene pubblico con senso di autonomia potete far passare il convincimentoi che un banchiere lucano è preferibile ad un affarista tosco-emiliano. Oppure il popolo referendario è in grado, sindaco per sindaco, di poter imporre una scelta democratica e condivisa dagli elettori?
L’ho sparata grossa volontariamente per analizzare amaramente che la Basilicata ha grandi difficoltà a costruire democrazia dal basso partecipata. Non bisogna comunque arrendersi e quantomeno cercheremo di tenere vivo il controllo su quello che la Commissione Rodotà ha identificato come proposta di riforma della proprietà pubblica che non appartiene né ai partiti, né ai loro autorevoli rappresentanti. Se qualcuno vuole sporcarsi le mani con l’acqua pubblica le pagine del Quotidiano sono a sua disposizione.

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