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VOLETE avere un’idea di cosa hanno prodotto le politiche industriali nella nostra regione? Andate a farvi un giro nella zona industriale di Tito scalo.

Un giorno qualsiasi di gennaio: decine di capannoni vuoti. Sulle strade un numero di macchine e camion che si possono contare sulle dita. E poi case abbandonate – espropriate in nome dello sviluppo – sporcizia, silenzio e la desolante sensazione di trovarsi in un luogo ormai senza senso e fuori dal tempo.

La descrizione del deserto, quello di un’area destinata all’industrializzazione e all’occupazione, ma che oggi è l’emblema del fallimento degli ultimi  trent’anni di programmazione. Di cosa, viene da chiedersi davanti all’ennesima manifestazione davanti alla Regione di lavoratori che in uno di quei capannoni ha lavorato qualche mese e poi è stato mandato a casa. Cosa si è programmato in più di trent’anni, il fallimento? Solo così si spiega la situazione debitoria del Consorzio Asi, la disperazione dei lavoratori del Depuratore di Potenza che regolarmente manifestano perchè i loro stipendi non vengono pagati. Solo così si spiega la situazione di pericolosità dell’intera area, per la quale da anni si parla inutilmente di bonifica. Mentre attorno le pecore continuano a brucare e noi continuiamo ad ammalarci.

«Qui – racconta uno dei pochi lavoratori rimasti – siamo tutti ammalati. Ognuno di noi ha avuto un problema, in tanti un tumore».

E’ questo che si è programmato? La distruzione del territorio, ma anche quella del lavoro e della dignità che da esso nasce.

Se le cose fossero andate nel verso giusto – ed è evidente che non è andata così – quest’area avrebbe dovuto dare lavoro almeno a 3.000 persone. E invece in questi immensi spazi che ormai cominciano anche a mostrare segni di cedimento non c’è più nessuno.

Resistono ancora in poche: la Ansaldo, che dà lavoro a 114 persone, la Pcc Giochi e servizi (95 addetti), la PerSud (45 dipendenti). Poi una decina di altre aziende che impiegano al massimo una ventina di persone. Troppo poco per giustificare i miliardi investiti in quest’area.

Ma soprattutto sono troppi i soldi spesi nella realizzazione di questi capannoni, per lasciare che tutto venga lasciato all’incuria del tempo. Perchè mentre questo sta accadendo, sotto i nostri stessi occhi stiamo assistendo alla morte dell’intera regione. E non si tratta di fare facili allarmismi, perchè se ogni famiglia ha almeno un componente che ormai se ne è andato via dalla regione, significa che un problema di futuro dobbiamo cominciare a farcelo. E se non siamo lungimiranti ora non ne avremo più il tempo.

Nasce così quest’inchiesta che parte oggi e che vuole raccontarvi le storie dietro ognuno di questi capannoni vuoti. Quante persone doveva impiegare, quanti soldi sono stati regalati e cosa ha portato. Uno per uno ma non solo per mettere in evidenza gli errori. Non è questo il senso.

L’obiettivo è proporre. Ci sono da una parte giovani senza risorse e senza lavoro, dall’altro contenitori vuoti. Sono due condizioni che possono venirsi incontro. Perchè se proprio i miliardi li dobbiamo buttare, regaliamoli a chi ha voglia di fare ma non ha i mezzi. Perchè non fare come nel resto d’Europa, dove si mettono a disposizione di chi ha idee degli spazi vuoti perchè possano nascere uffici o associazioni? Azzardato? Allora lasciamo crescere i cimiteri, l’alternativa non esiste.

 

1.Continua

a.giacummo@luedi.it

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