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di SARA LORUSSO
POTENZA – L’araldica, a ben guardare, non è solo cosa da nobili. I simboli negli stemmi e negli stendardi non riguardano solo duchi e principesse. Pure le città hanno diritti sui gonfaloni. E quello di Potenza merita un titolo speciale.
E’ la differenza che passa tra “città” e “comune”, ovvero il numero delle torri che compongono la corona apposta sul simbolo locale, per Potenza il leone. Ed è pure la differenza che passa tra alcuni simboli distribuiti per il capoluogo nel corso del tempo, su manifesti, bandiere, stemmi.
La corona delle città, salvo concessioni speciali, è caratterizzata da punte a forma di torre: ce ne sono otto, ma cinque sono quelle visibili, legate dalle mura. Se invece la corona è quella di un comune, le torri sono sedici, di cui 9 visibili, d’argento e non d’oro. Non è un capriccio, spiegano, ma una questione di protocollo, oltre che di simboli che racchiudono storia, tradizioni, riconoscimenti. Potenza che si fregia del titolo di “città”, di torri, sulla testa del leone, ne deve avere cinque.
Solo che nel tempo non sempre si è tenuto in conto il dettaglio e capita che passeggiando per la città la simbologia non sia sempre uniforme. Ad averci fatto caso, alcuni anni fa, fu l’allora presidente del consiglio Antonio Triani (oggi consigliere dei Popolari uniti). Appena eletto mise mano al galateo consiliare, ai protocolli delle istituzioni, al manuale del presidente dell’aula. E a furia di studiare notò il caso. Da allora è cominciata l’opera di adeguamento dei simboli cittadini: giusto quello del gonfalone e delle bandiere ufficiali, con cinque punte. All’epoca, racconta, c’era da tenere d’occhio la versione del logo sui manifesti delle iniziative in uscita dalle tipografie. Spesso toccava adeguare. Oggi, ancora capita che il simbolo sbagliato, che fa di Potenza un “semplice” comune, compaia su pareti o sulle automobili di servizio più datate. In attesa di cambiare la dotazione.

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