X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

di SARA LORUSSO
Si lavora parecchio, «ma per favore basta con il luogo comune delle facce tristi» «Sì che si studia, ma il trucco è organizzarsi». No, che non crolla il mito del liceo classico, a Potenza, per tutti, semplicemente il Flacco, la scuola tornata in via Vaccaro dopo qualche anno di esilio in periferia, ai tempi della ristrutturazione. No, che non crolla il mito di questa scuola che sforna talenti e primati, come un tempo ha formato la classe dirigente locale. Certo, a ben guardare, accoglie anche ragazzi con le idee poco chiare. «Ma qui è così – dicono dal fondo dei banchi della IV C – La sicurezza di una ottima formazione è la nostra garanzia. Poi, sul che cosa fare da grandi, bhè, ci penseremo tra un po’». Nel frattempo Vito, Aurora, Fabiana e gli altri «studiano, studiano, studiano». E il bello è che c’è pure parecchio entusiasmo. Il clima è sereno nella aule di questo storico liceo, nato pochi anni dopo l’insurrezione napoletana, che trasuda tradizione e storia cittadina. Ma che sa pure declinare più contemporanee vocazioni tecnologiche, tra laboratori scientifici e piattaforme digitali interattive. Il termine giusto, spiegano, «è grande famiglia». A chiacchierare con i ragazzi, soprattutto i più grandi, non si fa fatica a crederci. «Sì, però, non si dica che abbiamo facce tristi». Molti di loro al classico sono approdati consapevoli che non sarebbe stata un’avventura facile. Altri hanno seguito il consiglio familiare. Altri ancora hanno assecondato una vocazione. Pentiti? Raramente. E le certificazioni ufficiali sui risultati raggiunti dagli alunni sembrano non smentire. Gli ultimi dati della rilevazione Pisa (il Programma per la valutazione internazionale dell’allievo, tarato sulle tre macro-aree di lettura, matematica e scienze, a conclusione del secondo anno scolastico) certificano una realtà dal trend positivo. Il punteggio che emerge dagli esami sulle classi “tipo” dei licei lucani è decisamente elevato, soprattutto rispetto a quello medio ottenuto nelle scuole dei Paesi Ocse, dove il punteggio medio è di 493 in lettura, 496 in matematica, 501 in scienze. Nei licei della Basilicata l’asticella sale a 524, 514, 508, cifre superiori anche al dato medio italiano. Tra le aule di via Vaccaro sono orgogliosi nel poter mostrare la tabella che dettaglia il risultato della classe “tipo”. Lungo la scala della lettura, su 28 alunni, ben 13 si posizionano al quarto livello, 6 al quinto (la valutazione massima possibile è il sesto livello). Lungo la scala dedicata alla matematica, sono 14 gli alunni al terzo livello e 8 al quarto. In scienze, infine, quasi tutta la classe si attesta tra il terzo e il quarto livello. Dallo scorso anno, anche il liceo classico fa i conti con la riforma: lingua straniera per cinque anni, più scienze e matematica, con tanto di prova scritta (da quest’anno in fase di sperimentazione). Vive ancora del mito questa scuola che accoglie «punte di eccellenza e non, ma in cui la competizione è sempre positiva, in cui l’atmosfera finisce per trascinare tutti lungo percorsi di crescita». Silvana Gracco è al secondo anno da dirigente scolastico e non nasconde l’entusiasmo per un incarico di cui avverte tutto il peso. «Questa scuola – dice – ha radici profonde». Sa bene che l’Orazio Flacco porta in sè mito e considerazione, punto di riferimento della cultura potentina che ne ha fatto luogo della elite, ma anche (e soprattutto) delle opportunità orizzontali. Ha ricevuto il testimone dallo storico preside Lello Mecca, «che ha dato a questa scuola – dice Gracco – un’impronta di eccellenza». Racconta del liceo, degli insegnanti a cui ha chiesto di fare rete, degli studenti dal «grande senso di appartenenza». L’obiettivo restano sempre loro, i ragazzi. Quelli che al liceo classico sembrano non spaventarsi mai di fronte a pesanti volumi e quaranta versioni assegnate nelle vacanze natalizie. «Va bene, si studia, ma tutto sta ad organizzarsi», ribadiscono nell’aula al primo piano. I più fortunati hanno fratelli maggiori a cui chiedere rassicurazioni. «Poi, al trienno, si lavora un po’ meno». Così dicono. E poi sorridono, magari ci sperano. Della scelta scolastica sono orgogliosi. Arrivati al quinto anno, invece, hanno una storia diversa da raccontare: sono orgogliosi di avercela fatta in quella che, dicono, è soprattutto «una grande palestra di vita». In III A, Raffaella, Pier Giovanni, Luca, Nicoletta e gli altri, potrebbero parlare per ore dell’esperienza accumulata a furia di piegarsi e ripiegarsi su metodo, traduzioni, dubbi e incertezze. Sono così, figli del Flacco.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE