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POTREBBE riversare rivelazioni dirompenti il filone di inchiesta della Commissione Moro sui rapporti operativi tra le Brigate Rosse e la ‘ndrangheta. Lo segnala la relazione che fa il punto sul lavoro finora svolto. Nuovi elementi di interesse sono emersi nel corso della collaborazione avviata con le Procure di Milano, Brescia e Reggio Calabria.

Diversi indizi sono stati raccolti sia in merito alla notizia, circolata in ambienti ‘ndranghetisti, dell’esistenza di un’arma “sporca” impiegata a via Fani, sia in ordine all’ipotizzato interessamento (dapprima sollecitato, poi scoraggiato) della criminalità organizzata per favorire il rinvenimento del luogo di prigionia di Aldo Moro.

Gli accertamenti in corso e i relativi esiti parziali sono tutt’ora coperti da segreto. In questa fase, si può riferire soltanto che – in relazione all’ipotesi che appartenenti a organizzazioni criminali siano stati ritratti in talune delle fotografie scattate il 16 marzo 1978 tra la folla presente in via Fani – la Commissione ha disposto l’acquisizione di tutto il materiale fotografico ripreso in quell’occasione dalle principali testate giornalistiche ed agenzie di stampa.

Raffaele Cutolo – ascoltato in carcere da alcuni collaboratori della Commissione – ha riferito di aver appreso durante la sua detenzione da un boss della ‘ndrangheta di contatti intercorsi, con riferimento al sequestro Moro, tra le Brigate Rosse e ambienti ‘ndranghetisti in relazione al reperimento di armi.

La Commissione ha accertato che nel carcere in cui all’epoca si trovava Cutolo vi era un solo detenuto appartenente alla malavita organizzata calabrese, il cui nome era compatibile con quello riferito dalla stesso Cutolo.

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