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Quattro persone sono state arrestate questa mattina dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e dallo Sco. L’esecuzione di uno dei provvedimenti è stata delegata ai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria.
Tre delle persone coinvolte nell’operazione erano già detenute, mentre la quarta è stata arrestata a Reggio Calabria.
Si tratta del pentito Antonino Lo Giudice, di 52 anni; del fratello Luciano, di 37 e di Antonio Cortese, 48 anni, tutti già detenuti.
La quarta persona arrestata è un trentenne reggino Vincenzo Puntorieri, l’unico che era libero, considerato legato a Antonio Cortese. Secondo l’accusa furono proprio Puntorieri e Cortese a piazzare materialmente l’ordigno esploso il 3 gennaio davanti alla Procura generale reggina, e quello del 26 agosto contro l’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro. L’ordinanza eseguita è stata emessa dal gip di Catanzaro su richiesta del procuratore distrettuale, Vincenzo Lombardo, e dal pm Salvatore Curcio.
I quattro, sono accusati degli attentati compiuti lo scorso anno contro il procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro e contro il procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. L’operazione di questa mattina scaturisce dalle rivelazioni del boss pentito Nino Lo Giudice, il quale pochi giorni dopo l’arresto lo scorso anno da parte della Squadra mobile di Reggio Calabria, si è autoaccusato della progettazione dell’ideazione rivelando i nomi degli affiliati alla sua cosca incaricati dell’esecuzione, tra i quali quello del fratello Luciano.
Le intimidazioni sono tre; la prima messa in atto il 3 gennaio contro la sede della Procura Generale di Reggio Calabria, diretta da Salvatore Di Landro, con una bomba fatta esplodere davanti al portone. Il secondo attentato risale al 26 agosto e fu compiuto contro l’abitazione di Di Landro. Anche in questo caso di fronte alla casa fu collocato un ordigno. L’ultima intimidazione risale al 5 ottobre, giorno in cui fu collocato un bazooka davanti agli uffici del Dda, diretta dal Procuratore Giuseppe Pignatone.
Secondo quanto emerso dalle indagini, la strategia degli attentati e delle intimidazioni della ‘ndrangheta nei confronti dei magistrati reggini, secondo quanto emerge dalle indagini, rientrava in un preciso piano del boss Antonino Lo Giudice, il quale avrebbe tentato di intercedere su due appartenenti al corpo giudiziario in favore del fratello Luciano arrestato tempo prima. Dopo aver ottenuto un netto rifiuto, il capo dell’omonima consorteria avrebbe ideato e messo in atto i due attentati e l’intimidazione, con il ritrovamento del bazooka, nei confronti del Procuratore Giuseppe Pignatone.

IL MINISTRO ANGELINO ALFANO
«Un anno fa avevo definito i criminali autori degli attentati a Di Landro e Pignatone come una bestia ferita in difficoltà, oggi mi compiaccio per la cattura». Così il ministro della Giustizia esprime soddisfazione per la notizia dell’arresto di quattro esponenti del clan Lo Giudice, considerati i responsabili degli attentati e delle intimidazioni ai magistrati di Reggio Calabria dello scorso anno.
«Lo Stato – conclude Alfano – è sempre stato vicino ai procuratori Salvatore Di Landro e Giuseppe Pignatone, che hanno profuso senza sosta il loro impegno per contrastare la ‘ndrangheta nei territori reggini. Un ringraziamento particolare agli uomini delle forze dell’ordine calabresi che, in tempi brevi, sono riusciti a individuare i mandanti e gli esecutori dei vili gesti e assicurarli alla giustizia. Lo Stato ha dimostrato di essere in grado di reagire tempestivamente, assestando ancora una volta un colpo vincente al crimine organizzato».

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